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Cronaca

Ordine dei Geologi: "La neve non allontana il rischio siccità"

La presidentessa dell'Ordine dei Geologi Teresa Fagioli lancia l'allarme e punta il dito contro la mancanza di strumenti per il controllo delle falde acquifere sotterranee

In queste giornate parlare di rischio siccità può apparire un po' strano. Allerte meteo varie, neve, ghiaccio ovunque. Eppure i geologi, in queste ore, lanciano un vero e proprio grido di allarme. “Manca un modello idrogeologico di dettaglio di tutti gli acquiferi significativi e di conseguenza un bilancio realistico per le acque sotterranee” afferma Maria Teresa Fagioli, presidente dell’Ordine Geologi della Toscana. Pena? Perdere di vista, in sostanza, la risorsa idrica, non capirne la portata e quindi la soddisfazione delle necessità. E non è un caso che l’allarme sia lanciato proprio in queste ore, in quello che ad oggi sembra l’inverno più secco dell’ultimo secolo. Bilancino ai minimi storici e preoccupazioni crescenti sia da parte dell’Autorità di Bacino dell’Arno che di Publiacqua: se la situazione non migliorerà in maniera significativa c’è un rischio concreto di razionamento della risorsa idrica fin dai primi giorni dell’estate, attraverso lo strumento delle fasce orarie.   

“Occorre una gestione – continua Fagioli –più oculata della risorsa idrica e una conoscenza della quantità di acqua che la Toscana dispone, occorre una gestione razionale delle acque, occorrono investimenti di conoscenza prima ancora di infrastrutture. Nonostante le precipitazioni di questi giorni, in particolar modo quelle nevose, diano qualche moderata speranza. Per l'approvvigionamento idrico e la ricarica delle falde acquifere, siamo alle prese con un inverno siccitoso che non ha consentito di recuperare i livelli negli invasi, e nelle falde acquifere”.

Per i vertici dell'Autorità di Bacino dell’Arno, “con gli invasi attuali e con le reali difficoltà nel poterne realizzare altri, l'obbiettivo prioritario è cercare di ottimizzare la risorsa, razionalizzare la gestione degli acquedotti, migliorare la riduzione delle perdite possibili e far pagare tariffe coerenti con il valore che ha la risorsa stessa”. Per dare un’idea della situazione si torna a parlare di Bilancino: "L'invaso attualmente contiene 37 milioni di metri cubi di acqua contro gli oltre 70 di quando raggiunge la portata massima”. Previsioni poco ottimistiche da qui ai prossimi mesi: freddo pungente ma poca acqua dal cielo. Per questo alle falde, che in questo momento “risentono della mancata ricarica del periodo autunnale”, probabilmente “il periodo primaverile non sarà sufficiente” per una completa ricarica”.

Una diversa gestione e controllo della risorsa idrica su cui pone forte l’accento la presidentessa Fagioli: “Buon senso vorrebbe che ogni volta che si parla di limitazione dell'uso dell'acqua, come nelle emergenze idriche, si sapesse bene dove e quanta acqua abbiamo nelle falde, e magari anche di che qualità. Purtroppo però, le acque sotterranee hanno il brutto difetto di non essere visibili. Per il loro studio, anche solo qualitativo, sono necessari strumenti tecnico scientifici raffinati e un impegno conoscitivo approfondito e continuativo per ottenere stime attendibili. E troppo spesso purtroppo gli enti pubblici toscani si sono arresi davanti a tali complessità. Di qui la mancanza per la nostra Regione di un modello idrogeologico quantitativo, di dettaglio, per tutti gli acquiferi significativi”. E’ il modello Toscana che non convince Fagioli, per questo si rifà al sistema adottato dall’Emilia Romagna dove “sono riusciti ad avere una conoscenza idrogeologica del loro territorio dettagliata e costantemente aggiornata”. “C'è da domandarsi – continua – come mai le tecniche di quantificazione e studio della risorsa idrica sotterranea non siano applicate dalla stragrande maggioranza dei nostri enti di controllo e di gestione, che preferiscono ancora applicare il solo ‘principio geometrico’, ovvero usare il solo compasso per tracciare le aree di salvaguardia per i pozzi ad uso idropotabile”.
 

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