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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Strage Moby Prince: tribunale respinge la richiesta di risarcimento dei familiari delle vittime

Il tribunale di Firenze: "Diritto risarcitorio prescritto". L'associazione dei familiari delle vittime: "Verità nascosta per proteggere qualcuno"

Il Tribunale civile di Firenze ha respinto la richiesta di risarcimento dei familiari delle vittime perite la notte del 10 aprile 1991 a bordo della nave Moby Prince, nel porto di Livorno.

“Il diritto risarcitorio deve ritenersi prescritto per il decorso di due anni dei termini dalla data della sentenza della Corte di Appello divenuta irrevocabile”, ha sentenziato il giudice Massimo Donnarumma del tribunale civile fiorentino.

Si tratta dell'ennesimo pronunciamento contrario alle famiglie di quanti persero la vita nell'ennesima strage rimasta impunita in Italia, una ferita ancora aperta e sanguinante nella coscienza collettiva del Paese.

La tragedia e le indagini

La nave Moby Prince era diretta verso il porto di Olbia: in fase di uscita dal porto labronico si scontrò contro la petroliera "Agip Abbruzzo". Erano circa le 22:30 del 10 aprile del 1991. 

Le indagini svolte subito dopo l’accaduto attribuirono piuttosto celermente la colpa di quei 140 morti a cause esterne e aleatorie: un incidente, dovuto forse alla presenza della nebbia o alla distrazione dell’equipaggio della nave, distratto da una "importante" partita di calcio.

I rilievi della commissione d'inchiesta

Tuttavia, il lavoro della Commissione d’inchiesta parlamentare che ha indagato sul caso - e che il tribunale ha 'bollato' come "atto politico" e non 'atto a fini giudiziari' - ha scoperto che quella notte la visibilità nel porto era più che buona.

A confermarlo, oltre a un filmato dell'epoca (che non venne esaminato dall'autorità giudiziaria), varie testimonianze di persone che si trovavano vicine all’accaduto, compreso un aereo Alitalia che sorvolava il porto in concomitanza con lo scontro e segnalò l’incendio in mare, senza alcun riferimento a visibilità limitate.

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La stessa Commissione d'inchiesta ha indagato la dinamica dei soccorsi di quella notte. E se nell'iter giudiziario è stata assunta come vera l’ipotesi che i passeggeri a bordo della Moby Prince fossero morti nell’arco di 30 minuti in seguito allo scontro, la Commissione ha giudicato inattendibile questa tesi, ipotizzando tempi più lunghi anche a causa dalla presenza di elevate quantità di monossido di carbonio trovate nel sangue delle vittime.

Uno dei tanti punti oscuri della vicenda è rimasta invece la posizione dell’Agip Abbruzzo al momento dello scontro, dato che la petroliera si trovava in un "triangolo" in cui era stato vietato l’ancoraggio. Ma destano perplessità anche il dissequestro delle due navi e la loro demolizione pochi mesi dopo l’incidente.

Chessa: "C'è stata volontà di non trovare la verità e proteggere qualcuno"

“Spero che sia stato un errore di valutazione da parte dei magistrati, non si può azzerare tutto il lavoro della Commissione d’inchiesta attribuendole solo una funzione politica” ha commentato il presidente dell’Associazione 10 Aprile – Familiari Vittime Moby Prince, Luchino Chessa, figlio del comandante della nave.

Secondo Chessa infatti, la causa civile “sarebbe dovuta rientrare a pieno nella ricerca dei responsabili: il risarcimento era solo un mezzo per raggiungere tale scopo”.

“L’incidente è stato impostato fin da subito come un incidente dovuto a un comune errore umano - ha concluso Chessa - C’è stata una volontà a non fare nulla per trovare la verità e per proteggere qualcuno o qualcosa”.

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