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Cronaca

Sequestrati beni per 2,5 milioni ad usuraio che imponeva interessi oltre il 300%

Vittime dello strozzino diversi imprenditori fiorentini in crisi

I militari dei comandi provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Firenze, in un'operazione congiunta, hanno sequestrato nelle scorse ore a un imprenditore calabrese 51enne, residente nel pratese, beni mobili e immobili per un valore di circa 2 milioni e mezzo di euro.

Le indagini patrimoniali alla base dell’esecuzione del sequestro di oggi partono da una precedente indagine penale coordinata dalla Procura di Firenze, a seguito di una denuncia presentata da un’imprenditrice fiorentina finita anni fa nella rete dell'uomo.

Dopo la denuncia della donna fu scoperto che altri imprenditori locali erano vittime del 51enne, che accordava prestiti a commercianti fiorentini a tassi superiori al 300% su base annua, chiedendo in un caso anche un’abitazione per saldare il debito.

In particolare, si erano rivolti all’usuraio, costretti da problemi finanziari, 6 titolari di bar, ristoranti e negozi del capoluogo toscano e dell’hinterland fiorentino, pattuendo la restituzione dei prestiti con brevissima scadenza, tra uno e tre mesi, con alcuni incontri per mettere a punto il tutto avvenuti anche nel parco delle Cascine, come dimostrarono le indagini.

L'uomo è stato già condannato a 3 anni e 10 mesi di reclusione, 10.000 euro di multa e 19.500 euro di confisca dopo patteggiamento.

L’attività degli inquirenti, tuttavia, non si è fermata all’aspetto penale, ma ha interessato anche la ricostruzione dell’origine di tutta la ricchezza accumulata dall’usuraio. Si è così arrivati al maxi sequestro di questa mattina, per un valore ritenuto equivalente alla ricchezza che l'uomo ha accumulata con la sua attività di strozzinaggio.

Nel complesso, sono stati oggi sottoposti a sequestro 16 conti correnti, due auto, quote sociali e tre fabbricati, per un valore totale appunto di circa due milioni e mezzo di euro. Si tratta della prima confisca per sproporzione eseguita dal Tribunale di Firenze in fase successiva alla condanna e, affermano fonti degli inquirenti “conferma le potenzialità di questo strumento nell’aggressione patrimoniale della criminalità, potendo andare ad interessare non solo il provento o il frutto del reato, ma tutto il patrimonio riconducibile all’indagato”.

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