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Cronaca

"Giovani e social stanno cambiando l'italiano. Ma non è un male". La linguista spiega perché

Intervista a Vera Gheno, che sabato sarà ospite di "Firenze Rivista. "La parola della pandemia? 'Tamponare' ha cambiato significato"

Ha collaborato per 20 anni con l'Accademia della Crusca. E già per questo potrebbe bastare per accreditarla come "guru della lingua italiana". Vera Gheno è una sociolinguista specializzata in comunicazione digitale. Insegna all'Università e sabato 18 settembre sarà ospite di "Firenze Rivista", il festival delle riviste e dell’editoria indipendente che si svolge questo fine settimana nel complesso delle Murate, a Firenze. L'abbiamo presa di corsa fra una metropolitana e un treno. E l'abbiamo sballottata fra social network, pandemia, declinazioni di genere e complottismi.

Professoressa, è normale che la lingua italiana cambi o dovremmo stare più attenti a preservarla?

"L'idea di preservare l'italiano è sbagliata in profondità. Le lingue non sono altro che uno strumento per comunicare: noi e quello che ci sta intorno cambiamo continuamente e quindi anche la lingua ci serve in una realtà che cambia. Dobbiamo abbracciare i mutamenti, perché se una lingua smette di cambiare va a morire, che è quello che è successo a molte lingue. L'italiano invece è una lingua molto vitale. Casomai nell'automatismo bisogna cercare di usarla bene".

Dicevamo, l'italiano: è vero che i giovani di oggi non lo conoscono? E sui social viene davvero usato così male?

"Sono due luoghi comuni. Il discorso pubblico in passato era ristretto: era riservato ai più preparati, quelli che avevano qualcosa da dire. Adesso la voce è di tutti: per questo assistiamo ad usi linguistici che finore non avevamo visto, perché non erano pubblici. I social media hanno dato la parola a tutti. Non siamo tutti parlanti eccelsi, ma certo tutti dovremmo imparare a parlare meglio l'italiano, anche perché così si vive meglio. Platone diceva che se la competenza dei giovani fosse peggiore, saremmo regrediti e tornati agli scimpanzè. Invece non è così. Casomai si può dire che i ragazzi di oggi sono più distanti alle generazioni precedenti perché tutto è più veloce con i social media: il linguaggio è più veloce".

Quanto i social hanno contribuito al cambiamento dei linguaggi?

"I social hanno modificato la lingua. E' successa la stessa cosa quando arrivarono la stampa, la radio e la tv. Ma il vero cambiamento è stato quello di creare lo spazio per creare una lingua né scritta né parlata, e che usano tutti indistintamente. Non c'è una selezione all'ingresso, l'aspetto più interessante è proprio questo: nessuno decide chi può scrivere e chi no".

E quello del complottismo che linguaggio è?

"Il complottismo è un linguaggio che parla alla pancia e alle peggiori paure. Non è un linguaggio neutro. Ci saranno sempre delle persone che usano la lingua in maniera manipolatoria, l'unico modo per non cascarci è creare gli anticorpi migliorando la resistenza alla credulità".

Recentemente si fa molto uso di parole al femminile che prima non esistevano. O addirittura dello "ə" (schwa) per indicare un genere neutro. Stiamo degenerando?

"Non si può parlare di degenerazione. La lingua rispecchia cambiamento sociale e culturale. Prima le donne che avevano accesso alle cariche pubbliche erano delle mosche bianche: oggi semplicemente viene così avallata la presenza della donna nelle istituzioni. I detrattori di questi cambiamenti sono persone che non hanno consapevolezza che la lingua si adatta. Anche lo schwa è la manifestazione di un'esigenza che finora non c'era: ad oggi è l'opzione che mi piace di più, non credo che sarà la soluzione ma è l'evidenziazione dell'esigenza. Una soluzione linguistica la troveranno le generazioni successive che avranno a che fare con una fluidità di genere maggiore".

La pandemia ha cambiato il modo di parlare? Quali sono le parole simbolo della pandemia?

"Con la pandemia non è successo nulla di nuovo rispetto a ciò che succede di solito con eventi eccezionali, che provocano cambiamenti linguistici. Forse le persone non se ne rendono conto. Sicuramente la parola nuova più usata è stata 'lockdown', anche perché la nostra traduzione 'confinamento' non ha funzionato. Ma ce n'è una che ha completamente cambiato significato con la pandemia: tamponare".

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