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Cronaca

Infermiere e dottoresse spiate sotto la doccia: sale a tre il numero degli indagati

L'indagine è stata aperta a maggio scorso a seguito della segnalazione di un'infermiera

L'inchiesta sulle infermiere spiate nei bagni dell'ospedale San Giuseppe di Empoli si allarga. L'ipotesi che più preoccupava, ovvero che le immagini fossero state diffuse anche via internet, non ha trovato al momento riscontri, ma un'altra persona è stata iscritta sul registro degli indagati: anche in questo caso si tratterebbe di un tecnico della manutenzione. In questo modo cresce il sospetto che fossero molti di più i guardoni che osservavano le colleghe infermiere da un monitor collegato ad una telecamera.

Il monitor in questione si trovava in un magazzino al quale aveva accesso una squadra di tecnici e, secondo quando riporta La Repubblica, sembra alquanto strano che nessun altro si sia mai accorto di cosa venisse proiettato su quello schermo. Dai racconti delle vittime, circa 100 tra dottoresse e infermiere, il puntino nero (poi scoperto essere una telecamera) era lì da molto tempo, prima della pandemia e alcune hanno notato anche altri punti neri nella parete.

In questi mesi sono state circa 80 le denunce pervenute alle forze dell'ordine e questo reato non deve essere sminuito definendolo una "goliardata" spiega l'avvocato, Antonio Rovini, che segue 35 professioniste rimaste coinvolte: "Aspettiamo la fine delle indagini, ma è chiaro il sospetto è in tanti sapessero di quello schermo".

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Com'è iniziata l'inchiesta

A maggio scorso un'infermiera ha denunciato per prima la cosa: ha studiato a lungo quel puntino nero e confrontandosi con un'amica e collega hanno scoperto che quella sì era una telecamera e che era collegata, con un cavo di 30 cm, ad un monitor. Questo era posizionato sopra ad una scrivania, semplicemente coperto da un camice. Il monitor non poteva registrare, ma non è escluso che magari venisse utilizzato un altro strumento, come telefoni o telecamere. 

Al momento si parla di "interferenze illecite nella vita privata", ma se dovessero emergere dei filmati o prove che quel materiale è stato diffuso su internet si trattere di revenge porn. Su questo versante la polizia postale ha controllato anche gli anfratti più reconditi del web, al momento senza trovare riscontri.

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