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Cronaca Sesto Fiorentino

Sesto Fiorentino: sei tunisini scappano dal centro d'accoglienza

Due notti fa sei tunisini sono scappati dal centro d'accoglienza di Santa Maria a Morello. Gli altri ventiquattro rimangono nella canonica ma cominciano a trapelare i primi malumori per i mancati permessi

Afli Fathi, 29 anni, 1731° tunisino sbarcato nell’isola di Lampedusa, il 24 marzo scorso. E’ uno dei ventiquattro ragazzi ospitati nella canonica di Santa Maria a Morello, nelle dolci colline di Sesto Fiorentino. Ventiquattro e non più trenta: due notti fa sono scappati quattro ragazzi, ieri mattina altri due li hanno seguiti. I sei giovani sono stati subito segnalati dalle forze dell’ordine alla questura. “Io ancora spero e credo ritorneranno – ci dice Francesco Vedele, un operatore della Caritas a Santa Maria – i ragazzi evasi sono tra i più giovani, hanno tra i diciotto e i venti anni, spero si rendano conto che è un gesto incosciente e che rischia di fargli perdere tutto”.

E’ la prima “fuga”, se di questo si può parlare, registrata in questi primi dieci giorni di accoglienza a Sesto Fiorentino. Sia le forze dell’ordine sia gli operatori della Caritas ci hanno confermato che fino ad oggi i tunisini sono stati tranquilli e disponibili, ma qualcosa nelle ultime ore è cambiato; i ragazzi hanno percepito che la concessione dei  permessi temporanei non è più così scontata, ogni istanza è rinviata al giorno dopo ed i giorni cominciano a sommarsi l’uno all’altro, mancano le risposte ed in loro crescono i timori e le paure per un possibile rimpatrio. “In queste ultime ore iniziamo a recepire i primi timori – ci confessa Francesco - le immagini dei primi rimpatri viste alla tv hanno contribuito ad accrescere la loro agitazione”. Forse è per questo che sei di loro se ne sono andati.

Immigrati Sesto Fiorentino

“Qui non ci sono problemi – ci dice Khaled, un altro tunisino ospitato nelle colline sestesi – fuori è diverso, fuori c’è la polizia” e fa il gesto delle manette. Khaled e Fathi non vogliono scappare, non hanno l’intenzione di perdere questo “treno” per l’Europa. Sono arrivati insieme a Lampedusa su una piccola bagnarola: “eravamo in 54 – dicono i due ragazzi – ed il viaggio in mare è durato tre giorni”. Entrambi considerano l’Italia come punto di partenza, come un trampolino per raggiungere altri paesi europei. Fathi vuol andare in Germania, Khaled vorrebbe raggiungere i cari in Francia. “L’ottanta percento di noi – racconta Khaleb – desidera andare in Francia dove ci sono i familiari, gli altri si divideranno tra Italia, Germania e Belgio”.
La vita a Santa Maria scorre piano, si sta fuori, si parla; in un piccolo spiazzo verde fuori dalla canonica molti di questi ragazzi giocano a calcio, hanno anche una porta di fortuna.
“Non è facile per loro star sempre qui – ci dice Francesco – cerchiamo di coinvolgerli in varie attività, c’è chi da una mano in canonica, altri vanno ad aiutare i contadini che hanno dei campi qui vicino alla chiesa”. Il primo ostacolo è la lingua, nessuno parla italiano e non tutti parlano francese, alcuni infatti parlano solo arabo. Hanno imparato le parole “grazie”, “ciao” e “prego” nulla di più: “quando facciamo le riunioni legali – ci dicono gli operatori della Caritas -diventa tutto estremamente complicato, sia per loro che per noi”. Qualcuno però ha imparato qualche parola in più: “nous sommes ici pour lavorare, per lavorare” dice Khaled, una, due, tre volte di fila; sembra una preghiera, è la frase ripetuta con più orgoglio e più convinzione, come se volesse convincere il mondo che non c’è di che aver paura.
 

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