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Cronaca

Guerra nucleare: "Per ora è improbabile. Ma l'Italia non saprebbe difendersi da sola"

Il conflitto in Ucraina e i rischi dell'escalation, ne parliamo col professor Luciano Bozzo dell'Università di Firenze: "Non ci sono rifugi per la popolazione"

La guerra fa paura. Da ormai tre settimane il popolo ucraino è sotto le bombe russe. E quella che, almeno nelle intenzioni del Presidente russo Putin, avrebbe dovuto essere una battaglia rapida, sta assumendo sempre più le caratteristiche di una escalation. Fra i rischi paventati anche il ritorno in Europa dello spettro nucleare. Quanto è alto il rischio e cosa significherebbe? Per capirlo abbiamo parlato con Luciano Bozzo, professore di Relazioni internazionali e Studi Strategici all'Università di Firenze.

Professore, quanta è alta la probabilità che la guerra in Ucraina possa allargarsi?

"E' molto difficile quantificarlo. E' in atto un evidente processo di escalation. In questo momento la fase è di stasi, attribuibile alla necessità dell'esercito di Mosca di riorganizzarsi. La forza che sta opponendo la resistenza ucraina produce a sua volta l'aumento della pressione da parte dei russi, che aumenterà ancora in caso di aumento della reazione. Questo processo andrà avanti fino a che una delle due parti non potrà più reggere".

Fino a che punto?

"Se Putin andrà in difficoltà e non riuscirà ad ottenere il risultato voluto, per dare un segnale ed evitare una figura poco dignitosa potrebbe anche salire l'ultimo gradino dell'escalation, utilizzando armi nucleari. Ma non è probabilissimo al momento, almeno finché si possono utilizzare mezzi convenzionali. Prima di giungere all’impiego di un’arma nucleare Putin ha varie altre opzioni: potenti testate o bombe convenzionali (termobariche), poi altre armi di distruzione di massa, ma non nucleari, ad esempio quelle chimiche".

Ma la "deterrenza nucleare", che in qualche modo inibiva all'utilizzo di queste armi, esiste ancora?

"Funzionava quando c'era un sistema mondiale bipolare. Ciascuna delle potenze era indotta ad esercitare la massima prudenza. La mia generazione, che ha vissuto gli anni '60 e '70, è cresciuta con lo spettro del nucleare durante la guerra fredda. Negli anni '90 poi c'è stato un clima di euforia in cui sembrava che la guerra nucleare fosse passata: era tutto dimenticato. All'inizio del terzo millennio l'attenzione sulle armi nucleari è tornata, soprattutto per l'entrata in possesso da parte di gruppi terroristici. Oggi il panorama è più complesso, di fatto ci sono tre potenze nucleari: gli Usa, la Russia e la Cina. Due di queste sono in antitesi con l'Occidente e contestano il sistema americanocentrico. L'effetto deterrente oggi è dato dall'arsenale nucleare della Nato: Francia e Gran Bretagna, oltre agli Stati Uniti, dispongono di armi nucleari".

Quante testate nucleari sono in mano ai russi?

"La Russia ha perlomeno 5.000 testate nucleari. Ma prima di usare quest'arma devono chiedersi quali possono essere le conseguenze. Qualora la usassero, una controparte dovrebbe eventualmente rispondere: se non rispondesse la capacità deterrenza verrebbe limitata. Ma siamo sicuri che gli Stati Uniti risponderebbero per difendere l'Ucraina, o l'Europa? Gli Usa potrebbero anche usare il nucleare in Europa a livello tattico, cioè per scongiurare che venga usato a casa loro".

Come Putin potrebbe usare un'arma nucleare?

"Ripeto: non credo che gli alti comandi di Putin abbiano intenzione, ad ora. Dipende da come può evolvere la situazione. Il problema arriverà qualora Putin si trovasse nell'angolo: prima di perdere la faccia potrebbe tirare fuori il 'coniglio dal cilindro'. La Russia sta subendo perdite molto forti: il Pentagono ha stimato settemila militari morti, che in tre settimane di guerra sono tanti. E anche a livello di dotazioni sono state perse parecchie centinaia di veicoli di diverso tipo. In ogni caso, prima dell'opzione nucleare ce ne sono molte altre: intensificare i bombardamenti sulle città, usare di più l'aviazione (finora usata molto poco) o missili a lunga gettata più potenti, fino alle armi chimiche. Al momento si può solo immaginare l'uso di un'arma nucleare tattica di bassa potenza, con un senso più simbolico che concreto. Una sorta di intimidazione per indurre il nemico a cedere".

Quanto devastanti sarebbero le conseguenze?

"Non c'è una maniera per calcolarlo. Dipende dalla potenza dell'arma. Ad Hiroshima e Nagasaki furono usate armi ad uranio arricchito e plutonio, con una potenza di 15-20 kiloton (1 kiloton=10 mila tonnellate di tritolo) capaci di creare un'onda d'urto che distrugge gli edifici e tutto ciò che trovano intorno. In più queste armi hanno un effetto termico: provocano temperature di migliaia e migliaia di gradi. Ciò che non è devastato dall'onda viene distrutto dal calore".

E gli effetti radioattivi?

"L'effetto è duplice: uno immediato prodotto dalla fissione nucleare, molto forte nel punto di esplosione. Provoca immediatamente la morte o gravi patologie. Poi c'è il 'fall out' radioattivo: il fungo causato da correnti ascensionali che portano in aria una massa enorme di polvere, che poi si diffondono nell'aria. Questa massa di detriti si disperde nell'atmosfera e la nube si sposta in base ai venti. E, via via che si sposta, le particelle ricadono al suolo, inquinando e provocano nel lungo periodo danni, morti e mutazioni genetiche". 

Ma le bombe di oggi quanta potenza possono avere?

"Si calcolano in 'megaton', unità di misura da un milione di tonnellate di tritolo. Un'arma termonucleare può avere più megaton, in base alla potenza. La loro capacità dipende anche dall'altezza in cui vengono fatte esplodere e di solito non vengono fatte esplodere al suolo. Per fare un esempio possiamo dire che una bomba del genere sarebbe in grado di devastare l'intera città di Firenze".

L'Italia che capacità di risposta avrebbe rispetto al nucleare?

"Il problema del nucleare è che devi rispondere subito, reagendo prima che l'arma venga fatta esplodere, perché poi potresti non poter rispondere più. L'Italia non ha alcun sistema di intercettazione e quindi di difesa contro un eventuale attacco missilistico. Siamo completamente esposti. A meno che non ci difenda un altro paese". 

Esistono dei bunker per ripararsi? 

"No. In Italia esistono solo per il comando militare e politico. Non abbiamo una protezione civile su questo. In Europa un paio di piccoli paesi, con una popolazione ridotta, hanno costruito rifugi antiatomici che possono ospitare l'intera popolazione: sono la Svizzera e la Finlandia. Hanno un sistema approvvigionamento per il cibo e per l'acqua non inquinata. Ci si può vivere per alcune settimane. Da noi la guerra nucleare sarebbe la fine".

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