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Cronaca

Boxe, Giustini campione dei pesi massimi: “I Colori di Firenze uniti per me”

Il sanfredianino ha svolto una preparazione atletica e mentale per arrivare pronto all’incontro

Il Dado è tratto. Edoardo Giustini, conosciuto da tutti con il nomignolo di Dado, è il nuovo campione italiano dei pesi massimi di boxe. Il 32enne, padre di due bambini, è un sanfredianino doc e per anni è stato uno sconciatore tra le fila dei Bianchi di Santo Spirito. Non sono mancati i sacrifici per raggiungere il titolo, anzi. Infatti, per riuscire a sostenere una decina di allenamenti settimanali e al tempo stesso badare alla famiglia, ha dovuto correre parecchio. Non solo sul ring quanto fuori, dividendosi tra lavoro e palestra. 

Sacrifici e sudore ma i traguardi arrivano…
“E’ stato faticoso trovare degli sponsor per sostenere le spese per il match (circa 7mila euro) contro il pugile in carica, Ivan D’Adamo, ma ci siamo riusciti”. 

In che senso “ci”?
“Sì, io è il mio allenatore Leonardo Turchi. In pratica un secondo padre”. 

C’è stato un lavoro specifico per la sfida?
“Leonardo mi ha dato una sicurezza importante. Abbiamo lavorato sull’agilità e come muoversi sul tronco per evitare di essere colpiti d’incontro. Poi mi chiamava di continuo al telefono per ripetermi come un mantra: attento al destro. A questo abbiamo affiancato un lavoro più mnemonico: mi ha fatto vedere dei video per migliorare la tecnica. Ha avuto ragione lui”. 

Cosa è cambiato rispetto alla sconfitta di Cassino proprio contro D’Adamo?
“Ho realizzato insieme a Fabio Turchi (campione dell’Unione europea, figlio di Leonardo) un programma specifico di pesistica così da passare da 92 a 99 chilogrammi considerato che l’avversario era ben oltre il quintale”.

Qualcosa oltre alla preparazione tecnica e atletica?
“Abbiamo svolto anche un lavoro di preparazione mentale con Milko Signorini. All’inizio mi ha fatto dei test per capire dove lavorare, poi si è integrato a piccoli passi nel team e con il maestro Leonardo. Parlandoci era tornato fuori il ricordo di nonna Vanna a cui ero molto legato”. 

La forze della mente, un aneddoto?
“Il giorno della gara mi ha portato una maglietta con un cuore e con su scritto il nome della nonna, questo mi ha dato una carica…. mi sentivo un leone”. 

Adesso si va a schermare in Europa?
“Non ancora, preferisco confermarmi nei prossimi tre o quattro mesi con degli incontri in cui difendo la cintura. Poi seguirò le indicazioni di Leonardo”. 

Ormai quindi pugilato a tempo pieno?
“Magari potessi dedicarmi a tempo pieno solo a combattere. Durante la pandemia ho perso il lavoro in Viale Mazzini, la crisi ci ha fatto tirar giù il bandone, ma mi hanno offerto una possibilità al mercato di Sant'Ambrogio. Lavoro nella macelleria Valdarno carni. E non posso che ringraziarli visto che si mettono a disposizione durante le mie preparazione facendomi fare orari un po' ristretti rispetto ai loro turni”.

Pugile e carni, come Rocky quando colpisce i quarti di manzo nella cella frigorifera?
“No, no. Quello è un film. Per ora disosso piccioni e anatre e mi dedico ad arrosti e colli ripieni”. “Un lavoro che mi gratifica anche se non posso negare che mi piacerebbe dedicarmi per un anno solo al ring per vedere fin dove posso arrivare”. “Quando sono in preparazione ho dei ritmi assurdi tra lavoro, palestra e sostituire mia moglie con i bambini quando lei è occupata nel ristorante per il turno serale. Ma è una mia scelta e quindi lo faccio”. 

I bambini che dicono del babbo?
“Il più piccolo, Gregorio, impazzisce per la nobile arte. Gianfilippo invece ama il Calcio in costume”. 

A proposito di Calcio storico. Tu sei stato nel sabbione dal 2008 al 2016, peraltro figlio d’arte, tuo padre è il Pussi, tornerai in campo di Santa Croce?
“Adoro questa tradizione, ovviamente ora non posso rischiare infortuni anche perché qui sono in tanti ad aiutarmi e non voglio deluderli”. 

Seppur rivali, alla Montagnola erano presenti anche gli altri Colori?
“Devo ammettere che i rioni di Firenze mi sono stati vicino, in parecchi  a fare il tifo per me. Per il match mi hanno sostenuto a gran voce: al palazzetto eravamo in cinquecento”. “Ognuno con il suo colore ma tutti tenevano avanti l’orgoglio fiorentino. E’ stato emozionante”. “E pensare che si è aggiunto un quinto colore”. 

In che senso?
“Il viola. I ragazzi del 1926 hanno preparato uno striscione in mio onore che hanno esposto allo stadio: non ci credo ancora, che pazzi”.

Riconoscimento dalla città ma sei stato premiato anche in Palazzo Vecchio?
“Ero imbarazzatissimo, mi hanno consegnato una pergamena firmata dall’assessore allo sport e dal sindaco Dario Nardella. Il caso ha voluto che lunedì si tenesse una celebrazione per ricordare Brunelleschi, per cui erano presenti figuranti e le chiarine. Un'atmosfera unica. Che dire… solo a Firenze”.

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