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Cronaca

Giornalista a Firenze, diventa diacono. Dalla strada ai "voti", la storia di Fra' Domenico

La passione per i giovani e il calcio: "Ho fatto le mie esperienze, da ragazzo ero un discolo"

Ha consumato le suole delle strade fiorentine insieme a molti colleghi "neristi". Questura, Carabinieri, Guardia di Finanza: tutte le mattine. E poi giù a scrivere i pezzi per raccontare prima e meglio di altri delitti, crimini, inchieste. Oggi a molti di quei colleghi sembra incredibile che Domenico Rosa, 43enne abruzzese di nascita, abbia preso i voti. E' successo proprio a Ferragosto di cinque anni fa.

Recentemente Domenico è stato ordinato diacono dal vescovo Betori. E dopo un periodo a Roma e il ritorno a Firenze con gli abiti ecclesiastici, a settembre troverà sede in provincia di Salerno. Abbiamo fatto una chiacchierata in cui ci spiega perché, a differenza di quanto può sembrare, la sua scelta è coerente con i suoi sentimenti e le sue passioni per il giornalismo e la fede.

Domenico, come si decide di farsi frate?

"Non c'è un manuale, io lo devo ad un amico. Con lui a scuola ne abbiamo combinate di tutti i colori, veniamo dalla strada. Fu lui per primo che decise di andare in convento. Io andai a trovarlo ad Assisi, nel 2012. Sono stato una settimana lì ed ho assaporato la vita religiosa, la liturgia delle ore. Là ho sentito veramente in maniera nitida che nulla era più appagante di Cristo. Poi sono tornato nel 2013. Sentivo di volermi votare al signore. Così nel 2014 decisi di andare a Roma per iniziare il mio percorso".

Andiamo con ordine: quando sei arrivato a Firenze?

"Sono arrivato a Firenze nel 1998, a 19 anni. All'epoca ero un 'discolo', le mie esperienze le ho fatte".

E come hai iniziato a fare giornalismo?

"Dopo essermi laureato iniziai a scrivere per un quotidiano online di Firenze. Allora avrei preferito occuparmi di politica, ma mi misero a fare la cronaca. E devo dire che fare il cronista mi ha aiutato a prendermi meno sul serio: ti insegna a rimanere coi piedi per terra".

C'è qualcosa che accomuna giornalismo e fede?

"Sì, la verità nel racconto dei fatti: quello del giornalista è un servizio importante che fa crescere la verità. E chi vive il signore vive la verità. Il giornalismo mi ha aiutato molto. Ancora oggi scrivo su qualche rivista". 

Però a un certo punto ha prevalso la fede.

"Dopo la cresima mi ero allontanato dall'istituzione religiosa, un classico quando si è giovani. Io sono sempre stato un ribelle, solo che il ribellismo porta a chiudersi e a rifiutare anche la vita. La chiamata alla vita religiosa e presbiterale è stata decisiva, un voto totale in povertà".

Nella vita di tutti i giorni, come succede di cambiare vita così?

"La seconda volta che andai a trovare il mio amico in convento, nel 2013, mi frequentavo con una ragazza. Era un periodo in cui avevo il 'fascino in ascesa'. Le dissi: 'Secondo me la mia vita è quella'. Lei si mise a ridere ma capì. Per fortuna fra di noi non c'erano troppe complicazioni. Negli anni successivi poi mi sono sentito di chiedere scusa a tanti, l'ho fatto con sincerità"

Sei recentemente tornato a Firenze per diventare diacono.

"Dopo sedici anni passati in città sono tornato a Firenze da missionario: ho ritrovato affetti e amici in realtà mai persi e instaurato nuovi rapporti con i confratelli della comunità religiosa in cui vivo, al Sacro Cuore di Gesù. Diacono vuol dire servitore. E poi ho insegnato religione a scuola ad Empoli: è sempre bello stare coi ragazzi".

E adesso cosa farai?

"Andrò in un paese in provincia di Salerno, Pontecagnano Faiano. Aiuterò il parroco nei sacramenti e all'oratorio. C'è una parrocchia dove c'è ancora l'oratorio, dove si distribuiscono anche beni di prima necessità: ci sono stato già una settimana a conoscere la realtà. C'è anche un campo da calcetto e ho organizzato subito una partita con i ragazzi: il calcio ci piace sempre".

I giovani sono una bella scommessa.

"Nell'ultimo anno, insegnando a scuola, ho ricevuto tanto. I ragazzi sono venuti fuori dal lockdown, hanno sofferto. Li ho portati anche a giocare a pallone: uno di loro mi disse che non era così felice da molto tempo. Una classe di scuola media mi ha commosso: giocavo con loro e prima che entrassi in campo mi hanno regalato un pallone con tutte loro firme".

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