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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

I lavoratori dello spettacolo di nuovo in piazza: "In sicurezza, ma ripartire"

Mobilitazione nazionale indetta dai sindacati, presidio a Firenze sotto la prefettura

Domani, martedì 23 febbraio, ad un anno dal primo decreto sull'emergenza sanitaria, le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo scenderanno di nuovo in piazza a livello nazionale per denunciare lo stato di grave crisi del settore e la loro condizione, lavorativa e personale, ormai non più sostenibile, per una mobilitazione lanciata da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil.

A Firenze è previsto un presidio/flash mob dalle ore 10 alle 12 via Cavour, sotto la prefettura.

"Il prolungarsi della pandemia potrebbe avere conseguenze irreversibili: chiusure definitive di teatri, cinema, sale da concerto e, in generale, di tutti quei luoghi in cui è esercitata l’attività culturale dello spettacolo dal vivo, con la conseguente perdita di posti di lavoro e di molte professionalità", dicono i sindacati.

"Dobbiamo ripartire, non si può più contrapporre la sicurezza e il lavoro: contemporaneamente all’azione di sostegno e al rafforzamento delle tutele crediamo sia esigenza non più rinviabile quella di organizzare le modalità di riapertura delle sale perché le condizioni di sicurezza devono essere finalizzate alla ripartenza della programmazione e dell'attività produttiva", la richiesta dei lavoratori dello spettacolo.

"Non è più rinviabile una riforma organica del settore, anche cogliendo l'occasione offerta dal “Next generation”, che preveda, oltre ad ammortizzatori sociali adeguati, il giusto riconoscimento per le competenze e un ripensamento del sistema previdenziale, un potenziamento degli investimenti strutturali sulle professionalità, sulla formazione, sui luoghi e le modalità dell’offerta culturale che, senza essere snaturata, colga le adeguate opportunità delle nuove tecnologie. Il dramma di questo anno appena trascorso non va reso vano".

"Oggi - chiedono ancora i sindacati -, abbiamo l'occasione di cambiare e costruire un futuro diverso e migliore per il settore, perché la cultura è un bene comune, in essa è conservato lo spirito e l’identità della comunità nazionale e va per questo ad ogni costo salvaguardato non solo, quindi per chi ci lavora ma per tutti i cittadini di questo Paese".

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