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Cronaca

Coronavirus: effetto psicologico nei ricoverati dopo l’interdizione delle visite dei parenti nelle Rsa

L'effetto psicologico dopo l’interdizione delle visite dei parenti nelle Residenze sanitarie per anziani. Intervista all’esperto del disagio psichico

Il Governatore della Toscana ha disposto il divieto alle visite dei familiari degli ospiti delle residenze sanitarie per anziani (Rsa) per il contenimento dell'epidemia da Covid-19. Relativamente a questo argomento ed ai possibili rischi che ne possono derivare abbiamo interpellato il dottor Loris Pinzani, tra i più accreditati psicoterapeuti della regione. 

D. Dottor Pinzani, quali sono i rischi di contingentare i contatti esterni dei degenti nelle RSA?
R.  Il rischio è quello certamente relativo ad un crollo del sistema omeostatico dell’umore, ossia il manifestarsi di un aspetto depressivo in reazione al constatare la “solitudine” da parte dei soggetti ricoverati, dovuta all’allontanamento dei contatti affettivi. Si tratta di una condizione tanto probabile quanto complessa da evitare, a cui si deve accondiscendere in seguito all’emergenza in corso.

D. In quale misura è previsto l’impatto del danno subito dai ricoverati?
R.  Mentre è inevitabile l’impatto nella condizione dei degenti, è meno semplice prevederne la portata, che varia a seconda dei soggetti, dell’età e della condizione nel suo insieme fisico e mentale-cognitivo. Certamente si tratta di un evento che porterà una difficoltà all’interno di una struttura psichica resa fragile da condizioni di patologia medica e psicologica insieme.

D. Per quanto tempo si possono adottare queste misure, senza riportare danni ingenti? 
R.  Naturalmente questo stato di cose deve essere protratto per il minor tempo possibile. Ancora dobbiamo riferirci alla condizione di particolare fragilità subìta psichicamente dai degenti, in particolar modo da coloro che sono portatori di condizioni particolarmente debilitanti. È molto difficile dare una dimensione quantitativa generale di tollerabilità, ma è certamente auspicabile che misura restrittiva non superi il numero di alcune settimane. A questo proposito è prevista ed è vitale che venga attuata, una condizione di eccezione per quanto riguarda ospiti particolarmente debilitati. In questi casi la struttura ospedaliera deve poter consentire l’accesso e alle figure emotive/affettive di riferimento. Si pensi ai ricoverati per problemi psichiatrici oppure a coloro a cui tali difficoltà insorgono successivamente al ricovero dovuto a motivi di medicina specialistica. Si tratta di un tema di dimensioni inimmaginabili a cui dovremo saper far fronte con l’impiego di specialisti adeguati nel settore della salute mentale. 

D.  L’utilizzo di sistemi di contatto digitale come videochiamate e messaggistica, come possono essere recepiti dei pazienti e fino a che punto possono sostituire la presenza fisica?
R.  Si tratta certamente  di un aiuto eccezionale dal momento che l’impatto visivo materializza la presenza delle persone portatrici di messaggi affettivi rilevanti. Quindi è certamente una misura da tenere in massima considerazione e da utilizzare in modo adeguato. Ricordiamo che siamo di fronte a una struttura sanitaria già fortemente debilitata, messa alla prova da una emergenza mondiale non ancora compresa nella sua interezza. L’insieme dello sforzo sanitario è rivolto a far fronte consecutivamente a condizioni non comuni, in cui si accumula esperienza di fattività con sforzi collettivi e specialistici insieme. 

D. Come possono essere recepiti dalla famiglia i mezzi di contatto elettronico con il ricoverato nelle Rsa? 
R.  Generalmente le famiglie si adeguano in modo spontaneo, rendendosi conto tempestivamente della situazione rivolta proprio a tutelare la salute del proprio congiunto e di sé stessi. Non vedo un problema in questa direzione; gli individui sono ben preparati a comprendere le necessità tanto sociali quanto soggettive, nonostante determinati comportamenti relativi ad assembramenti collettivi lascino pensare il contrario. L’uomo e forse l’europeo più di altri, si rende conto di quale sia la necessità reale di fronte alla gravità di una condizione esposta.

D. Quanto tempo è necessario per recuperare il contatto affettivo e come si può spiegare ad un anziano, magari affetto da senilità precoce o da patologie similari la necessità delle limitazioni? 
R.  La percezione di rassicurazione nel soggetto ricoverato interviene in tempi relativamente veloci, mentre generalmente è più lento il recupero di una stabilità emotiva che tarda alcune settimane prima di ripristinarsi: nella mente continua ad essere presente il timore di un  successivo distacco.  A seconda della capacità cognitiva le spiegazioni opportune possono essere di vario tipo, certo è che quella adeguata nella gran parte dei casi è relativa ad una esposizione logica dei fatti che porta a considerare quanto sia inevitabile la misura che comporta un certo grado di isolamento. Deve essere spiegato che si tratta di un comportamento necessario ed uguale per tutti, rivolto al bene comune. Sono da escludere promesse di ritorno alla normalità in tempi non reali: la mente ricorda molto bene quanto le viene dato per certo e lo assorbe come un miraggio, una speranza a cui affidarsi. La delusione sarebbe cocente e debilitante. Dunque, in presenza di soggetti in grado di comprendere la comunicazione interpersonale, sono necessari il realismo e la verità.

D. Quanto somigliano le condizioni recettive degli anziani a quelle dei bambini, tanto temute fin dal momento del lockdown?
R.  In effetti si somigliano tutte le condizioni relative ad individui che non dispongono della pienezza delle misure di difesa psicologica e di elaborazione della realtà. In esse è presente una inefficacia generale e fisica che si tramuta facilmente in un senso psichico di inadeguatezza che il soggetto riconosce in sé stesso e che teme fortemente. Viceversa, in condizioni di relativa normalità ognuno sa quanto è tenace la sua capacità di sostenere una determinata situazione di difficoltà. 
Per quanto riguarda i bambini nel corso del lockdown, la condizione presentata generalmente è più lineare di quella di anziani ricoverati. Molto spesso per i bambini si è trattata di una difficoltà dovuta al contatto con adulti tediati dalle contingenze assolutamente rilevanti, che esprimevano un’ansia intensa. Insieme a questo aspetto  è verosimile supporre che la perdita della consuetudine collettiva e di interazione sociale ha certamente leso i bambini più di quanto possa fare con gli anziani.

D. Questo significa che gli anziani sono in ogni caso fragili?
R.  È quello che accade nella gran parte dei casi; non solo gli anziani ma chiunque necessiti di cure ha in sé la consapevolezza intima di non possedere tutte le disponibilità della condizione normale.

D. In sostanza, qual è la sua opinione circa la restrizione che è stata adottata relativamente alle Rsa?
R. In questi casi è necessario operare una valutazione tra danno derivante dalla misura apportata ed il beneficio previsto. Certamente questa impostazione argina la diffusione di un virus altamente  contagioso, di incerta e comprensione e con delicati meccanismi fisiopatologici, la priorità totale in questo momento è irrinunciabile e consiste nella massima tutela.

D. E dunque la restrizione era necessaria? Si tratta di una misura adeguata secondo la sua opinione?
R.  Ogni misura rivolta a raggiungere un obiettivo ha costi sociali dovuti alle limitazioni a cui si deve far fronte. L’assistenza sanitaria nazionale e mondiale è di fronte ad un tema di portata straordinaria e deve essere arginato con misure eccezionali. Sarà un arduo compito del personale assistenziale medico e paramedico rivolto alla cura psicologica mitigare al massimo questi aspetti. Si tratta di una prova a cui non possiamo sottrarci.

D.  Il rischio paventato è quello di conseguenze psicologiche accentuate. Eppure alcuni suoi colleghi hanno parlato di una certa “abitudine alla paura”.
R.  La paura è un’emozione fondamentale del genere umano, assolutamente necessaria per la tutela di sé stessi. L’assuefazione alla paura è uno stato necessario che tuttavia provoca modifiche sostanziali nella struttura psicologica dell’individuo. Ne sono stati prova gli studi che risalgono ai veterani della prima guerra mondiale, fino al conflitto del Vietnam. 
Così come è stata apportata la misura restrittiva ma necessaria, con la stessa chiarezza dobbiamo far fronte alle eventuali conseguenze. I settori specialistici devono essere messi nella condizione di esprimere il bagaglio scientifico di cui dispongono per arginare gli eventuali danni che seguiranno. 

D. Quali sono nello specifico i danni psicologici previsti? 
R. Primo tra tutti l’impatto dovuto a circostanze depressive, in reazione alla condizione in cui si viene a trovare il paziente. Tuttavia questo non è certamente l’unica conseguenza dal momento che l’insieme del sistema di difesa psichica personale viene ad essere compromesso, per cui verranno ad essere accentuata anche tutte le altre condizioni psicologiche di disagio già presente o comunque vicine a manifestarsi, a cominciare dalle condotte ansiosi e le reazioni di ricerca di controllo dell’ambiente. Come abbiamo altre volte detto, l’individuo è un grande contenitore ed ogni parte di esso è coinvolta in quello che avviene  in lui. 
 

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