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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Ditta fiorentina di borse trasferisce utili milionari in paradisi fiscali

Maxi evasione tra Hong Kong e le Isole Vergini Britanniche. Redditi non dichiarati per 686 milioni di euro, evase imposte per 233 milioni. Denunciate tre persone

Indagini su documentazione extracontabile e migliaia di files digitali analizzati (circa 3 terabyte, pari a 3600 dvd); così la Guardia di Finanza ha messo le mani su una maxi evasione internazionale. Un buco nero, una vera e propria voragine non dichiarata al fisco italiano: 686 milioni di euro il reddito taciuto da un’importantissima azienda fiorentina che opera nel settore della moda, tra operazioni di trading, commercializzazione e produzione di borse, valige, abbigliamento. Un po’ per altre firme della moda, un po’ per sé, con tanto di una propria linea, marchio e stilisti.

Fatti due calcoli allo Stato mancano 233 milioni di euro di imposte non pagate in sette anni, nell’arco di tempo che va dal 2002 al 2008. C’è un settore industriale di riferimento, c’è l’importo dell’evaso, ci sono il numero delle persone denunciate, i tre amministratori della società. Per adesso alla vicenda manca un nome. In Santa Reparata, la sede centrale delle Fiamme Gialle Fiorentine, bocche cucite. “Non possiamo fornirvi i nomi – ha spiegato il generale Gaetano Mastropierro – la Procura è stata molto precisa”.

Mancano i volti, non la metodologia scardinata dai finanzieri, come sottolinea Mastropierro: “Si tratta di evasione fiscale internazionale, realizzata utilizzando una struttura societaria riservata. Più strutture in pratica che apparentemente non erano riconducibili agli imprenditori italiani, ma di proprietà di soggetti terzi”. Per la Guardia di Finanza l’operazione si basava su una serie di società fittizie, prestanome, formalmente sganciate ed autonome rispetto all’azienda fiorentina, ma che in realtà erano delle controllate su cui viaggiavano ingenti flussi di denaro mascherati da una serie di rapporti commerciali fittizi. Di mano in mano, insomma, solo che per chi ha condotto le indagini, le mani erano sempre le stesse.

Una struttura piramidale: dalla sede centrale nel fiorentino ad una controllata dichiarata ad Hong Kong. Un’azienda alla luce del sole, con tanto di produzione e transazioni varie. Tra cui molte con 5 società cinesi. E qui per gli uomini in divisa grigia inizia l’inghippo, lo “schermo”. Sì perché secondo la documentazione raccolta ed analizzata le 5 società erano in realtà di proprietà dei tre denunciati. Un ‘profit center’, una sorta di paradiso fiscale, “a favore del quale sono stati stornati i profitti derivanti dai rapporti commerciali intercorsi con la società italiana”.

Una volta ottenuti i pagamenti delle transazioni commerciali, provvigioni, compensi per consulenze, le 5 aziende distribuivano gli utili “ad ulteriori 6 società domiciliate nelle Isole Vergini Britanniche”, che poi “sono state ricondotte agli stessi imprenditori italiani oggetto di indagini”. Una società centrale, il pool del profit center, ed una “cassaforte personale”. Redditi sottratti al fisco e che le Fiamme Gialle considerano stati rinvestiti presso un istituto di credito di Hong Kong, “nonché in proprietà immobiliari o in attività ristorative o alberghiere negli Stati Uniti, o meglio a Miami Beach, in Florida”.
 

 

 

 

 

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