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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Prato, corteo per ricordare le vittime del rogo di via Toscana | VIDEO

La fiaccolata ha percorso via Pistoiese fino ad arrivare a Piazza San Niccolò dove il Comune di Prato e le istituzioni hanno deposto una corona di alloro

Ieri tutta la città si è fermata per ricordare il rogo di Via Toscana divampato domenica mattina nell'azienda Teresa Moda dove sette persone, una donna e sei uomini, sono morti bruciati vivi.

Un primato triste da ricordare, in quanto per la prima volta nella sua storia da città Prato ha indetto il lutto cittadino.

Un Consiglio comunale straordinario convocato dal Sindaco Cenni al quale hanno partecipato tutte le massime autorità cittadine dal Prefetto Maria Laura Simonetti, ai parlamentari ed europarlamentari eletti a Prato al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi oltre a molti altri. Bandiere a mezzasta su tutti gli edifici pubblici e poi alle 18,30 la grande manifestazione organizzata dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, una parola d'ordine: “Basta morire di lavoro”.

Il corteo si è radunato verso le 18 all'incrocio fra via Pistoiese e Via Bonicoli, nel cuore della cosiddetta Chinatown. Le temperature rigide non hanno scoraggiato i cittadini, che in oltre 1000 hanno marciato in silenzio accompagnati solo dal crepitio delle fiaccole.

Ma i cortei erano due, quello organizzato dai sindacati e quello dell'amministrazione comunale e delle istituzioni che si sono uniti in Piazza San Domenico per deporre alle 18,45 in Piazza San Niccolò una corona di fiori davanti al Monumento dei Caduti. Dopo la solenne cerimonia, la lettura di tutti i nomi dei lavoratori che hanno perso la vita sul luogo di lavoro nel nostro Paese quest'anno. Centinaia e centinaia giovani, vecchi, donne e uomini morti mentre facevano il loro dovere.

LA GRANDE MARCIA PER RICORDARE LE VITTIME

Non c'erano colori, né razze, nè differenze politiche e nemmeno italiani e cinesi, ma tutti pratesi che si stringevano per dire basta all'illegalità nel lavoro, al lavoro sommerso ed al lavoro in schiavitù.

“Non si può morire di lavoro, non si può morire in questo modo – commenta il segretario regionale delle attività produttive della Cgil Daniele Quiriconi – non si può lavorare in condizioni bestiali come quelle che abbiamo visto. E' necessario che ci sia un piano straordinario per l'emersione del lavoro illegale, per favorire questo processo. Dobbiamo superare questa legislazione ottusa che con la parola d'ordine della riduzione non ha fatto che aumentare l'illegalità. Ci vuole anche la repressione e con tutta la demagogia che è stata fatta sugli immigrati, in questi ultimi 10 anni, si sono tagliate del 40% le risorse finanziare e di personale agli organi ispettivi dello stato”.

Una buona affluenza anche della popolazione cinese, ma la cosa più emblematica è stata veder sfilare cinesi e italiani in un unico corteo: fianco a fianco. Addirittura una signora è stata fermata da una coppia cinese che non capiva cosa era tutta quella gente. Dopo la spiegazione la coppia si è unita e la donna ha passato la fiaccola alla giovane.

Amarezza anche nelle parole del segretario regionale della CGIL Toscana Alessio Gramolati che sottolinea come questo sia successo troppe volte e che troppe volte però siamo andati avanti senza far niente. “E' successo troppe volte qui ha assunto una dimensione che si può chiamare solo con un nome strage, questo fa la differenza. Una strage del lavoro è qualcosa di insopportabile e di inaccettabile. Da questo fatto deve obbligatoriamente sorgere uno scatto e le cose devono cambiare”.

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DEPOSTA LA CORONA IN MEMORIA DELLE VITTIME

“Questo è un paese che tende a reagire sempre sull'onda emotiva degli avvenimenti – commenta il primo cittadino di Campi Bisenzio Emiliano Fossi -. Se è comprensibile sul piano generale, non va bene per la politica, che deve ragionare senza farsi travolgere, e soprattutto deve agire prima che gli avvenimenti diventino tragiche realtà. Che nei capannoni industriali dei cinesi ci siano condizioni di lavoro e di vita vergognose, lo sappiamo tutti, nonostante vent'anni di impegno, lavoro, risorse pubbliche per progetti e politiche per l'integrazione. E' evidente che la comunità cinese ha regole e modelli sociali propri, che probabilmente derivano dall'organizzazione socio economica del Paese di origine, e per questo forse è particolarmente difficile interagire. E' ovvio che è inaccettabile la situazione in cui vivono tanti cittadini cinesi nelle nostre zone ma, tanto per essere chiari, per me è inaccettabile per 365 giorni all'anno”.

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