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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Come si dice "che freddo!" in Toscana? La Crusca risponde

Come si rabbrividisce in Toscana? Il prestigioso istituto nazionale per la salvaguardia e lo studio della lingua italiana illustra le diverse espressioni usate nella regione per indicare il freddo pungente della stagione invernale

In Toscana freddo può far tante cose: il freddo stricca, cioè comprime come in una morsa, frizza, il freddo arrabbia e morde; oppure infila o entra nell'ossa, ma anche le buca o le strizza. E poi c'è il freddo che bucchia, pela, sbiccia, spella, monda e il freddo che porta via, che punge, schianta, sghiaina o fa rimpelluccire. Dal freddo si gela, si mòre, s'abbaia, s’arrocchetta, si grenna, si zilla, si rassega, si pipa. E si batton le gazzette, anche a Firenze. Insomma, numerose e variegate sono le espressioni usate in Toscana poer indicare un freddo pungente, come sottolinea l'Accademia della Crusca in un breve saggio.

Ecco alcune denominazioni e locuzioni usate in Toscana per indicare il freddo pungente della stagione invernale elencate dalla dottoressa Matilde Paoli, della redazione della consulenza linguistica dell'Accademia della Crusca. Un elenco variegato e curiosissimo, tratto soprattutto dall corpus di ALT-web L’Atlante Lessicale Toscano.

La forma più diffusa in Toscana, sottolinea Paoli, è "zìzzola", che in area nord occidentale e all'Elba può essere anche un verbo che, se aggiunta a sizza di area fiorentino valdarnese, copre l’intera Toscana linguistica. Occupano complessivamente una vasta area anche "strizza", che in area lucchese e pisana può essere anche verbo: un freddo che "si strizza" o che "strizza l'ossa", "strizzata" (di freddo) e strizzo (il tempo è a strizzo o freddo strizzo), diffusi soprattutto nel senese, nel grossetano-massetano, in area fiorentina settentrionale, nel pratese, nel pistoiese e nel pisano settentrionale; strizzone in area fiorentina occidentale.

"Strìggine" (raramente anche il tempo è a strìggine o strigginoso) è diffuso nell’area precedente coprendo il fiorentino della Val di Sieve e l’area compresa tra il pisano centro-meridionale il livornese il grossetano settentrionale e il senese occidentale. "Strinore" è in area orientale dalla Valtiberina all’Amiata, mentre si strina dal freddo in area occidentale (Garfagnana e Montagna Pistoiese, pisano, Colline Metallifere e Elba e anche in due punti dell’Amiata). In entrambe queste aree, scrive ancora Paoli, troviamo anche "stridore", termine che appare registrato dalla I alla IV Crusca ("Diciamo anche Stridore, a Freddo eccessivo") e fu usato nei suoi Saggi di naturali esperienze dal Sollevato ovvero l'accademico conte Lorenzo Magalotti.

L'espressione "si bùbbola dal freddo" è, invece, tipica dell'area sia fiorentina sia aretina sia senese. Nella Val di Chiana senese fino all’Amiata settentrionale c’è uzza, uzzetta o uzzolina mentre è bruzza, bruzzina, brunzina o bruggina nell’aretino e ancora nella Val di Chiana. La parola "léppa" indica il freddo soprattutto in area pistoiese, ma a Badia Prataglia e a Chiusi della Verna, in Casentino si dice un freddo che leppa (olippa), probabili testimoni della forma più antica, visto che leppare "Usa[va]si anche dal volgo per Togliere, levar via" come attesta la prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca. Si tratta, insomma, di un antico modo per dire, come ancora si dice in Casentino, ma anche altrove, un freddo che porta via.

In Garfagnana c’è il "sidro" e dal freddo "si assidrisce", che sarà affine all'assiderare "Agghiacciare, agghiadare, e quasi morir di freddo" già della seconda Crusca. Sempre in lucchesia, ma anche nel pistoiese il "sinìbbio", che in Versilia diventa "zenìbbio", è un vento freddo che trascina con sé il nevischio. Il "sìdio" è concentrato soprattutto nella Chiana senese. Si tratta di una parola antica, perché il sido è "freddo eccessivo" già nella Crusca del 1612 e anche era nelle quattrocentesche Rime del Burchiello Poeta Fiorentino: "La stella Tramontana, è suta folle, A porsi in luogo da morir di sido".

E poi ancora: "bisànfora" o "disànfora" indicano il freddo soltanto a Volterra e a Montecatini Val di Cecina; "tirizzànfola" e "tirizzàmpola" sono usati rispettivamente a Treppio, nella Montagna pistoiese, e a Scarlino, in Maremma; la "sirizzana" è in alta Val di Sieve e in Casentino. Soltanto la Lunigiana conosce "ferdura", "fardura", "freddura", mentre la "ghiacciura" è usata a Porto Santo Stefano, nell'Argentario, e a Capoliveri, nell'Isola d'Elba.

Infine solo a Olmo, nei pressi di Arezzo, e a Pontremoli, in Lunigiana, si usa "bruscoriferito" al tempo freddo così come si usava già nella trecentesca Cronica del Villani, ci dice la terza Crusca, "Onde Rabbruscarsi il tempo, diciamo, Quando si turba, e raffredda". Il freddo può far tante cose, quindi: un freddo bestia, biscia, rospo; un freddo boia, mostro; un freddo buggerone, buscherone, bussone. Il freddo può esser crudo, lecchino, marmato, pizzichino, rio, salvatico, sodo. Naturalmente, c'è il freddo da lupi e quello da cani e il freddo cane. Parlando di cani si dice quando è freddo che passano i cani senza coda; anche perché il freddo porta via la coda ai cani. Gli uccelli, poi, volan o passan bassi, tanto bassi che si piglia gl’uccelli con le mani. Esiste, conclude Paoli, anche un proverbio antico "Dio manda il freddo secondo i panni".

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