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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

'Caso Solazzo': la famiglia del cooperante fiorentino scrive al Presidente Mattarella

A oltre un anno dalla morte, non si è minimamente diradata la 'nebbia' sulla misteriosa fine del giovane, avvenuta a Capo Verde. Così i familiari della vittima si appellano al capo dello Stato

Una lunga, accorata lettera è stata inviata dalla famiglia di David Solazzo, il cooperante fiorentino morto in circostanze misteriose a Capo Verde il 1 maggio 2019, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La famiglia di David, rappresentata dall'avvocato Giovanni Conticelli, si appella al Capo dello Stato per chiedere verità e giustizia sulla morte del giovane, troppo frettolosamente etichettata come "tragico incidente domestico" dalle autorità locali. Ecco il testo integrale della missiva.

Illustrissimo Signor Presidente,

Siamo i genitori, la sorella e la compagna di David Solazzo, giovane ragazzo italiano trovato morto per dissanguamento all’interno del suo appartamento di Sao Felipe, nell’isola di Fogo a Capo Verde il 1 maggio 2019. David, che aveva 31 anni ed era agronomo, dal novembre 2018 si trovava a Capo Verde per lavorare a un progetto di cooperazione della Onlus “COSPE-Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti” che aveva quale obiettivo la protezione ambientale nelle zone rurali dell’Isola di Fogo, promuovendo e sviluppando il turismo rurale e la produzione agroecologica dei prodotti tipici locali, nonché per svolgere attività di ricerca scientifica in collaborazione con l’Università di Firenze. Oggi è trascorso un anno dalla scomparsa del nostro David e siamo ancora in attesa di sapere cosa è avvenuto quella maledetta notte.

La Procuratrice di Sao Felipe che si occupa del caso, nell’immediatezza dei fatti, aveva affermato (a voce) che David sembrava essere stato vittima di un “tragico incidente domestico”: tale era fin da subito la sua convinzione, da non aver voluto far intervenire la Polizia Scientifica per effettuare i rilievi necessari. Inoltre, nonostante il vano condominiale, i due piani di scale e l’appartamento in cui viveva David fossero completamente inondati di sangue, la Procuratrice aveva disposto il dissequestro dell’edificio solo dopo 48 ore.

L’ipotesi dell’incidente non ci ha mai convinto e continua a non convincerci. La ricostruzione dei fatti che ci è stata propinata nell’immediato era che David, non avendo le chiavi di casa, avrebbe rotto il vetro di una finestra condominiale che dà sulla strada per poter rientrare in casa, dove poi è stato ritrovato morto per dissanguamento. Successivamente, però, è stato accertato che David aveva con sé le chiavi di casa e che il vetro condominiale era stato rotto dall’interno verso l’esterno; pertanto, la versione delle fonti locali non aveva fondamento.

Molti elementi, come le modalità di rottura del vetro, il sangue presente dappertutto, l’assenza di impronte di piedi sulle scale, documentati da fotografie e video, appaiono del tutto anomali e proprio sulla base di quella documentazione, la procura di Roma ha aperto un’indagine con l'ipotesi di reato di omicidio volontario. Ci sono molte cose che non tornano e sulle quali vorremmo sapere se la procura di Sao Felipe abbia fatto tutte le dovute indagini, sebbene l'omesso intervento della polizia scientifica e il dissequestro dell’immobile dopo sole 48 ore sembrano già omissioni gravissime.

Se fosse stato davvero un incidente, perché dopo un anno la procura di Sao Felipe non ha ancora chiuso l’indagine e non fornisce informazioni? Inoltre, vogliamo avere chiarimenti su ciò che è accaduto al cellulare di David, ancora sequestrato a Capo Verde: perché a settembre 2019 la sua utenza Whatsapp risulta cancellata? Subito dopo la morte di David, la sorella Alessandra è volata a Capo Verde e il Ministro degli Esteri capoverdiano si era impegnato a fornirci supporto e assicurare la celerità e l’accuratezza delle indagini. Possiamo confidare che ciò sia avvenuto nel corso di questo anno?

Per le indagini in Italia, è indispensabile che venga disposta la trasmissione degli atti di indagini compiuti a Capo Verde, nonché la restituzione del cellulare, del computer e della macchina fotografica di David che non crediamo che possano servire ancora alle indagini, considerando che c’è stato tutto il tempo per effettuare le copie informatiche dei relativi contenuti. Tuttavia, le plurime richieste della Procura di Roma, inoltrate sia per i canali diplomatici che direttamente all’autorità giudiziaria di Sao Felipe, sono rimaste inascoltate. Questo è stato confermato anche due giorni fa dall’Ambasciata d’Italia a Dakar competente per Capo Verde.

Possiamo ancora contare sul fatto che ci sia la reale volontà e l’interesse delle Istituzioni di Capo Verde di far luce sulla tragica vicenda e di fornire a noi familiari delle risposte, oppure dobbiamo dedurre, dopo un anno di silenzio da parte della Procura di Sao Felipe, che la morte di David, che si trovava a Capo Verde per aiutare la popolazione di Fogo lavorando ad un progetto di sviluppo sostenibile dell’economia locale dell’isola, rappresenti soltanto uno scomodo fardello amministrativo e un faldone abbandonato su qualche scrivania dell’isola di Fogo?

Non si pensi che il silenzio delle istituzioni capoverdiane possa sopire il nostro dolore e arrestare la nostra ricerca della verità. Dover lottare per pretendere verità e giustizia rappresenta un ulteriore dolore che si aggiunge quotidianamente a quello del lutto, ma non ci arrenderemo finchè non sapremo ciò che è realmente accaduto a David. Lo dobbiamo a noi, ma lo dobbiamo sopratutto a David e a tutti quei giovani che lavorano con dedizione e serietà nell’ambito dello sviluppo sostenibile, ovunque questo li porti ad applicare le loro conoscenze e i loro studi.

Chiediamo a Lei, Signor Presidente, quale massimo rappresentante delle nostre Istituzioni, di non lasciarci soli nella ricerca della verità e di poter fare tutto quanto è nelle Sue possibilità, intervenendo anche presso le autorità capoverdiane, affinchè la morte di David possa trovare delle risposte serie e non rimanga un’altra pagina vuota che si aggiunge a quelle di numerosi altri giovani ragazzi tragicamente scomparsi all’estero mentre svolgevano il proprio lavoro e le proprie ricerche.

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