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Cronaca

Maxi operazioni antidroga: sgominato cartello della cocaina / VIDEO

Decine di arresti 

Le indagini, cominciate nel 2015, si erano inizialmente concentrate su una cellula dell’associazione albanese operante a Firenze, Roma e Modena la cui esistenza era stata scoperta approfondendo un episodio apparentemente marginale relativo ad una violenta rissa scoppiata in piazza delle Medaglie d’Oro a Firenze, tra cittadini albanesi tutti conosciuti nell’ambito dello sfruttamento della prostituzione.

Tra le persone indagate era emerso che alcuni cittadini albanesi, i cui nomi si erano evidenziati durante questo primo filone d’inchiesta, erano dediti anche ad un ingente traffico di sostanze stupefacenti.

Il sequestro di un telefono cellulare Blackberry in uso ad uno degli indagati a Firenze, aveva fin da subito evidenziato che il gruppo criminale utilizzava come standard di comunicazione l’applicativo messenger di Blackberry per la conduzione dei propri affari illeciti ed il fruttuoso monitoraggio di tali comunicazioni ha fornito la prima importante chiave per lo sviluppo delle indagini.

Nel corso di quelle primissime fasi dell’attività investigativa la Squadra Mobile di Firenze mise a segno anche il primo importante sequestro di droga dell’inchiesta: 9 chili di eroina scoperti nel bagagliaio di un’utilitaria sull’A1.

Al tempo furono arrestati una insospettabile 65enne e un uomo di 48 anni (all’epoca dei fatti). In manette erano finiti anche due cittadini albanesi di 34 e 43 anni, che viaggiavano a circa trenta chilometri dall'altra vettura per tenere verosimilmente sotto controllo il carico.

Secondo gli investigatori, la droga era stata comprata in Svizzera ed era diretta al mercato fiorentino: circa un milione di euro il valore totale.

Da quell’episodio le indagini sono poi proseguite per risalire agli ulteriori complici e ai canali di rifornimento.

La complessa attività di intercettazione telematica della messaggistica criptata che i trafficanti gestivano attraverso le piattaforme “SKYecc” ed “ ENCROCHAT” e l’analisi del traffico telefonico e telematico ha ben presto fatto emergere la complessità dell’organizzazione, la struttura del 'cartello' e l’ampiezza della rete di distribuzione della droga.

Sulla base di quanto emerso nelle indagini, l’associazione, con a capo un cittadino albanese di 40 anni, disponeva di enormi quantità di cocaina acquistata direttamente dai “Narcos” ecuadoriani e la sua articolata struttura e capillare diffusione le ha permesso di smerciare droga in tutta Europa.

Il capo indiscusso del gruppo, utilizzando diversi e sofisticati sistemi di comunicazione, manteneva i contatti con i narcotrafficanti sudamericani, organizzava le spedizioni di droga, impartiva disposizioni alle cellule di distribuzione dislocate in Italia ed in vari Stati Membri dell’Unione e seguiva il reimpiego degli enormi proventi illeciti dando indicazioni ai suoi complici in Albania, Italia e Olanda circa gli investimenti dei profitti derivanti dall’attività criminale.

L’indagine, condotta utilizzando innovative tecniche investigative anche per via rogatoriale, ha accertato che il potente cartello della droga organizzava carichi di cocaina di diversi quintali per volta, seguendo la regola del cosiddetto “50 e 50”, metà del carico era cioè di proprietà delle organizzazioni albanesi, metà di quelle sud americane.

I trasporti erano effettuati servendosi delle rotte navali commerciali dal sud America all’Europa grazie al fatto che i trafficanti erano in grado di garantirsi le cosiddette “uscite” dei carichi illeciti principalmente nei porti commerciali del nord Europa, potendo contare su sodali collocati in punti strategici in virtù anche del forte potere corruttivo dell’organizzazione. Proprio in questi porti ed in particolare ad Anversa, Rotterdam e Brema, sono avvenuti sbarchi di enormi quantitativi di cocaina, sequestrati durante le operazioni doganali e riconducibili alla organizzazione.

Lo stupefacente arrivava poi nei Paesi di destinazione finale a mezzo di autocarri ed autoveicoli dotati di doppifondi e congegni automatici per l’occultamento.

Scambiando informazioni in tempo reale con le polizie europee ed ecuadoriane, gli investigatori sono riusciti a mettere a segno importanti sequestri anche nei porti di partenza della cocaina come nell’ ottobre del 2016 quando, lavorando in sinergia con la Unidad De Inteligencia Antinarcoticos con Coordinacion Europea ecuadoriana,  sono stati sequestrati oltre 600 chilogrammi di cocaina al porto di Guayaquil, pronti per essere occultati all’interno di un container che sarebbe giunto in Europa per mezzo di una nave cargo.

L’attività di contrasto si è concentrata non solo sul recupero di importanti quantitativi di stupefacente ma anche a sequestrare rilevanti somme di danaro provento del narcotraffico, come il sequestro di 240.000 Sterline effettuato nella cittadina inglese di Binfield e la somma di 1.400.000 Euro in contanti sequestrata ad Amsterdam nell’agosto del 2016 o infine il sequestro di 350.000 Euro in contanti occultati in un doppiofondo di una valigia operato all’Aeroporto di Guayaquil nel giugno del 2016.

Secondo quanto emerso dalle indagini, parte dei proventi derivati dalla vendita della cocaina era destinata al pagamento delle spese legali in caso di arresto degli associati e al mantenimento dei loro familiari.

In tale prospettiva, proprio in caso di arresto, agli appartenenti al gruppo criminale veniva imposto, pena gravi ritorsioni anche verso i familiari, il vincolo dell’omertà, vincolo regolarmente rispettato per il timore derivante dal fatto che l’organizzazione disponeva di sicari per eseguire omicidi e vendette contro eventuali collaboratori di giustizia.

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