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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Camorra in Toscana, scontro tra clan a Firenze: dalla Campania per mettere la bomba alla pizzeria di Porta al Prato / VIDEO

Maxi operazione di guardia di finanza e polizia: misure cautelari e perquisizioni nei confronti di 13 indagati

Una maxi operazione di guardia di finanza e polizia iniziata questa mattina all'alba ha portato a smantellare quella che il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo ha definito "una importante rete criminale che stava instaurandosi a Firenze, stroncata sul nascere". L'operazione, diretta dalla direzione distrettuale antimafia fiorentina e coordinata dalla direzione nazionale antimafia, ha riguardato oltre che Firenze alcune località delle province di Salerno, Prato, Latina, Verona e Potenza.

Oltre 150 gli uomini delle forze dell’ordine impegnati nell'operazione, per dare esecuzione alle 12 misure cautelari disposte dal gip Antonio Pezzuti su richiesta della procura: 7 le persone finite in carcere, 3 ai domiciliari e 2 i professionisti per i quali è stata disposta l'interdizione dall’esercizio di attività professionali, un commercialista di Prato e un consulente del lavoro di Nocera Inferiore (Salerno). I due professionisti, hanno spiegato gli inquirenti questa mattina in conferenza stampa, hanno avuto un ruolo di particolare rilievo nel favorire le attività criminose degli arrestati.

I reati contestati agli indagati sono quelli di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa per aver agevolato un clan camorristico, presente nella provincia di Salerno. L’associazione era finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, ricettazione, furto, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco ed esplosivi, violazione della normativa in materia di immigrazione, all’indebita percezione di erogazioni pubbliche, nonché al riciclaggio e al reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. 

Le indagini, avviate nel luglio 2020, hanno permesso da subito di accertare che due fratelli avevano appena 'avviato' un nuovo gruppo criminale a Firenze, al quale erano da ricondursi numerosi reati, della fattispecie di cui sopra.

In particolare dalle indagini emerge come la pizzeria Pizza Cozze e Babà, nei pressi della Leopolda, a Porta al Prato, acquisita all’indomani dell’inizio della pandemia Covid, di fatto costituisse la sede dove, quasi quotidianamente, i membri dell’associazione criminale tenevano i loro incontri e dove si recavano per stoccare e ricettare quanto in loro possesso, provento delle attività illecite commesse poco prima.

Proprio di fronte a questa pizzeria il 23 febbraio scorso fu fatta esplodere una bomba, che si sentì anche a notevole distanza e che produsse un grosso allarme sociale a Firenze: la bomba, come si vede nel video qua sotto, sarebbe stata posizionata da due affiliati al clan di Camorra Piedimonte, clan rivale a quello dei Cuomo che, secondo gli inquirenti, stavano facendo nuovi affari a Firenze proprio attraverso la pizzeria.

La bomba di fronte alla pizzeria il 23 febbraio scorso / FOTO

E' stato inoltre accertato come la licenza commerciale del pubblico esercizio cittadino fosse stata ottenuta dagli uffici comunali attraverso la presentazione di una falsa dichiarazione sulla sussistenza dei requisiti di onorabilità del richiedente, non posseduti da quest’ultimo in quanto già destinatario di una misura di prevenzione personale a suo tempo adottata dal Tribunale di Salerno.

La medesima falsa attestazione è stata utilizzata affinché la società di gestione della pizzeria riuscisse ad ottenere indebitamente contributi a fondo perduto e finanziamenti con garanzia statale per 32mila euro, tra quelli destinati alle aziende danneggiate dal Covid. Le indagini hanno inoltre impedito che l’organizzazione potesse ottenere indebitamente ulteriori erogazioni garantite per circa 90mila euro già richiesti a due distinti Istituti di credito. 

I proventi delle attività criminose messe in opera dal sodalizio erano reinvestiti sia a Firenze che a Nocera Inferiore, 'autofinanziando' il nuovo clan camorristico locale, ma anche supportando i sodali, ancora presenti nel territorio d’origine e coinvolti in una faida con un clan rivale (quello dei Piedimonte appunto) la cui violenta escalation era acclarata nel corso delle indagini e aveva preso avvio all’atto dell’uscita dal carcere di quello che sarebbe stato il capo clan, fratello del gestore della pizzeria fiorentina, avvenuta nel dicembre 2020.

A carico del gestore della pizzeria del capoluogo fiorentino e di altri sodali sono state infine rilevate responsabilità in tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Coinvolti non meno di 15 persone (ma dalle intercettazione emerge che sarebbero parecchie decine) prevalentemente provenienti dal Bangladesh, ai quali erano richiesti 1.500 euro per ogni pratica di 'finta assunzione' che potesse portare ad un permesso di soggiorno.

In pratica erano predisposti falsi contratti di assunzione che indicavano quale presunto luogo di svolgimento dell’attività lavorativa sia la pizzeria sia altri esercizi commerciali fiorentini, nell’unica finalità di consentire la presentazione delle domande da parte di imprenditori compiacenti di volta in volta reperiti. Disposto anche il sequestro preventivo di conti correnti e somme di denaro per svariate decine di migliaia di euro.

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