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Cronaca

Bartolini – Salimbeni, la famiglia fiorentina che non dormiva mai

Tra piazza Santa Trinita e via Tornabuoni si trova il prestigioso palazzo Bartolini Salimbeni, uno degli edifici più importanti del '500 fiorentino, appartenuto ad una nobile famiglia d'origini senesi che costruì la sua fortuna in modo assolutamente spregiudicato.

L’edificio venne realizzato da Baccio d'Agnolo nella prima metà del 1500 per conto della famiglia Bartolini Salimbeni che lo abitò fino ai primi dell'800. Bartolino Salimbeni, membro della ricchissima famiglia senese, giunse a Firenze verso il '300, dove ben presto divenne uno dei mercanti più potenti della città.

L'abilità e la scaltrezza nell'arte mercantile furono i tratti distintivi dei Bartolini Salimbeni, ancora oggi ricordati come lavoratori instancabili e solerti. Non è un caso quindi che la famiglia scelse come motto personale «Per non dormire», una scritta enigmatica che si legge ancora oggi su alcune finestre del palazzo. Prima che il poeta Gabriele D'Annunzio lo adottasse come motto personale, professando come la sua produttività artistica derivasse da lunghe notti insonni, la frase veniva associata ad un curioso aneddoto.

Come è facile notare, il motto è accompagnato dall'insegna dei Bartolini Salimbeni, raffigurante un anello che racchiude tre papaveri. Secondo alcuni infatti la frase non era solo un semplice richiamo alla loro leggendaria laboriosità, quanto piuttosto ad una pratica sleale grazie alla quale riuscirono ad accumulare un ingente patrimonio. Si racconta che un Bartolini, venuto a sapere dell'arrivo di un prezioso carico di lana, decise di mettere in atto un astuto stratagemma: un sontuoso banchetto al quale invitò tutti i suoi mercanti rivali. Per essere sicuro di accaparrarsi il meglio del carico, Bartolini servì ai suoi ospiti vino e pietanze drogate con l'oppio, stupefacente dall'effetto soporifero che si ottiene proprio dai papaveri.

Mentre gli altri dormivano, il giorno dopo l'astuto mercante si aggiudicò senza troppi sforzi la partita di merce che dette vita alla leggendaria fortuna della casata. Secondo un’altra versione il fatto avvenne nella città di Venezia, dove Bartolini drogò i membri della sua Corporazione con cui era partito per poter concludere da solo affari molto vantaggiosi con i mercanti della Serenissima. Altri ancora ritengono che l’episodio avvenne durante il 1300, quando i Salimbeni di Siena giocarono questo tiro mancino ai loro storici rivali della famiglia Tolomei: pare che al porto di Talamone fosse giunta una nave carica di pregiatissime sete orientali, molto ambite da entrambe le casate che si precipitarono al porto per acquistarle. Le due famiglie sostarono in una locanda nella zona che ancora oggi porta il suggestivo nome di Colle Malamerenda. Proprio qui i Salimbeni drogarono il pasto dei Tolomei con l’oppio, facendoli sprofondare in un sonno profondo e riuscendo ad acquistare indisturbatamente le sete più belle. Secondo un’ulteriore versione, le due casate si incontrarono a Malamerenda su proposta dei Salimbeni, al fine di indire una tregua e porre fine alla storica rivalità delle casate. In realtà i Salimbeni approfittarono dell’incontro a tavola per pugnalarli a morte, trasformando così la merenda riappacificatrice in un bagno di sangue.

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