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Cronaca

Branco assolto da stupro alla Fortezza, lo sfogo: “Io più credibile se morta”

"Qualcosa torna sempre a ricordarmi: sì, sono stata stuprata". In rete iniziativa in risposta alla sentenza

La sentenza d'appello per i sei giovani accusati di stupro di gruppo alla Fortezza da Basso, nei confronti di una ragazza, all'epoca 23enne, è definitiva. La Procura generale ha infatti lasciato cadere i termini per l'eventuale ricorso in Cassazione, dopo l'assoluzione in appello, che faceva seguito alla condanna in primo grado. 

Profondamente indignata la ragazza, che ha rotto il silenzio mediatico, affidando le proprie memorie al blog "Abbatto i muri", dove ripercorre la sofferenza continua, per lei incancellabile, dovuta al trauma di quella sera del 2008; e dove se la prende con le motivazioni della sentenza. "Se fossi morta sarei stata piu' credibile?". Questa la domanda provocatoria della ragazza, dopo l'uscita delle motivazioni della sentenza.  
 
"Come potete immaginare che io mi senta adesso?", scrive la ragazza. "Non riesco a descriverlo nemmeno io. La cosa più amara e dolorosa di questa vicenda é vedere come ogni volta che cerco con le mani e i denti di recuperare la mia vita, di reagire, di andare avanti, c'é sempre qualcosa che ritorna a ricordarmi che sì, sono stata stuprata e non sarò mai piú la stessa". "Ancora -prosegue- ho attacchi di panico, ho flashback e incubi e lotto giornalmente contro la depressione e la disistima di me. Non riesco a vivere più nella mia città, ossessionata dai brutti ricordi e dalla paura di ciò che la gente pensa di me".

"Nonostante -scrive in un altro passaggio della lunga memoria - abbia vissuto anni sotto shock, sia stata imbottita di psicofarmaci, abbia convissuto con attacchi di panico e incubi ricorrenti, abbia tentato il suicidio più e più volte, abbia dovuto ricostruire a stenti briciola dopo briciola, frammento dopo frammento, la mia vita distrutta, maciullata dalla violenza: la violenza che mi è stata arrecata quella notte, la violenza dei mille interrogatori della polizia, la violenza di 19 ore di processo in cui è stata dissezionata la mia vita dal tipo di mutande che porto al perché mi ritengo bisessuale".

"Essere vittima di violenza e denunciarla e' un’arma a doppio taglio - continua nella lettera al blog riportata poi anche in altri organi d'informazione -: verrai creduta solo e fin tanto che ti mostrerai distrutta, senza speranza, finche' ti chiuderai in casa buttando la chiave dalla finestra, come una moderna Raperonzolo, ma se mai proverai a cercare di uscirne, a cercare, pian piano di riprendere la tua vita, ti sara' detto 'ah ma vedi, non ti e' mica successo nulla, se fossi stata veramente vittima non lo faresti'". 

"Per essere creduta e credibile come vittima di uno stupro - prosegue lo sfogo - non bastano referti medici, psichiatrici, mille testimonianze oltre alla tua, le prove del dna". Quello che conta è "il numero di persone con cui sei andata a letto prima che succedesse, o che tipo di biancheria porti, se usi i tacchi, se hai mai baciato una ragazza, se giri film o fai teatro, se hai fatto della body art, se non sei un tipo casa e chiesa e non ti periti di scendere in piazza e lottare per i tuoi diritti, se insomma sei una donna non conforme, non puoi essere creduta". In questa storia, conclude la giovane, "abbiamo perso tutti". "Quello che vince - dice - e' la voglia di non farmi intimidire, di non perdere la fiducia in me stessa e di riacquistarla nel genere umano".

 Per i giudici della Corte di Appello i sei imputati sono stati assolti «perché il fatto non sussiste» in questa «incresciosa storia, non encomiabile per nessuno, un fatto penalmente non censurabile, mancando i connotati essenziali del reato». Intanto la rete si è smobilitata, con un’iniziativa de La Rete della Conoscenza, lanciando in risposta alla sentenzal’hashstag #‎NessunaScusa .

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