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Cronaca

L'alluvione 48 anni dopo: Firenze oggi rischia ancora gli 'Angeli del fango'

Le quattro casse di espansione, a monte della città, una volta ultimate, tra 4 anni se non ci saranno intoppi, tratterranno 40 milioni di metri cubi di acqua. Nel '66 su Firenze di milioni di mc se ne riversarono circa 200

“Firenze devastata dell’Arno vive con calma ore tragiche”. Così titolava la Nazione il 6 novembre 1966. Due giorni prima, il 4 novembre, Firenze si risvegliò annegata. Il primo segnale della tragedia lo diede a notte profonda il Mugnone alle Cascine. Poco dopo l’Arno, che prima ancora della Nave a Rovezzano cominciò a fare quello che aveva già fatto chilometri prima, in Valdarno, con l’alveo che non gli bastava più: fuoriuscire. Una valanga d’acqua fangosa incontenibile dalla Nave a Varlungo, San Salvi. E ancora Gavinana, con allora i suoi 50mila abitanti, stretta e stritolata nella morsa della paura.

Era solo l’inizio. Di lì a poco l’allarme si estese a macchia d’olio. Al mattino la piena marrone entrava vorace dentro Firenze distruggendola, mortificandola, ferendola fin nel profondo, al cuore: San Niccolò, Santa Croce, Uffizi, Piazza Signoria, Santo Spirito, piazza Duomo, piazza Strozzi, i Lungarni, Ponte Vecchio, San Frediano, piazza e stazione Santa Maria Novella, le Cascine, l'Isolotto. Centimetri per pochi secondi, poi i metri, due tre, 5 all’interno della tipografia della Nazione. Secondo le stime oltre 200 milioni di metri cubi d’acqua invasero e si abbattettero sulla città con un portata dai 4.000 ai 4.500 metri cubi al secondo. “Moriva” Firenze e moriva l’Italia, il mondo. E morirono i fiorentini: 34 rimasero distesi e freddi, 17 a Firenze 17 nei comuni limitrofi. E poi il fango, tanto fango, un’intera città di fango e disperazione, sangue, crolli, uno dei patrimoni artistici più importanti al mondo lacerato.

Nell prime ore tutto era saltato. Poi però arrivarono le telecamera e filmarono e fecero vedere al mondo, perché Firenze è del mondo, cosa era accaduto. L’alluvione del ‘66 è stata la prima alluvione mediatica che commosse e mobilitò il mondo e poi lo sorprese con gli angeli del fango. Quell'alluvione ebbe due anime.

La rabbia e il dolore per la tragedia che trovò la città impreparata e sotto choc, il Governo per 4 giorni inesistente di fronte agli amministratori e ai fiorentini. Firenze si auto-organizzava, isolata e in attesa dei soccorsi dello Stato (sarebbero arrivati solo dopo quattro giorni da incubo e dopo la visita contestata del presidente Saragat). C'erano 34 morti, 70.000 famiglie senza casa, 6.000 negozi devastati, un patrimonio culturale universale con capolavori della storia dell'arte nel fango. 20.000 automobili distrutte, migliaia di officine, fabbriche, laboratori, tipografie, botteghe, cantine allagate. Mancavano i servizi pubblici. La rete dell’acquedotto e delle fognature era distrutta così come le condutture del gas, i cavi dell’elettricità e del telefono.

La grande speranza. Gli angeli del fango, volti segnati e consegnati alla storia dagli scatti fotografici del tempo, solidarietà pura, granitica, un mito vero che negli anni si è ancor più rafforzato. Migliaia di ragazze e ragazzi, protagonisti di un’impresa di solidarietà concreta, internazionale, leggendaria. A loro si aggiunsero gli angeli in divisa, soldati di leva. Furono oltre 60 mila i militari e gli uomini delle forze dell’ordine presenti a turni tra Firenze e le altre zone alluvionate. E vanno aggiunti donne uomini e mezzi forniti da amministrazioni comunali: viveri, tende, pompe per svuotare gli scantinati, pale meccaniche, automezzi per rimuovere montagne di rifiuti.

Dalla prima grande piena descritta del 1177 al 1966, l'Arno ha allagato Firenze per 180 volte. Di queste, per 56 volte l'intera area urbana, 8 volte in maniera distruttiva. E il cosiddetto “rischio storico” si ripresentasse per la 181esima volta? Nella sola Firenze  provocherebbe danni stimabili alle attività economiche e commerciali, sulla base di uno studio dell’Università di Firenze, per oltre 6 miliardi, senza considerare i danni di difficile quantificazione al patrimonio storico-artistico o in termine di vite umane che la Protezione Civile stima in altri 25 miliardi di euro: molto più di una manovra finanziaria. Per questo l’Arno è un’emergenza nazionale.

“Firenze rischia, purtroppo ancora oggi rischia” però “quest’anno, dopo 48 anni dall’alluvione, arriviamo finalmente ad un anniversario con qualcosa di concreto. Abbiamo davanti a noi quattro anni di cantieri, dopodiché saremo molto più sicuri da un ipotetico rischio di 1966. Questa è la vera notizia che aspettavamo da tanti anni”. Ha detto ieri Erasmo D'Angelis, capostruttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche del governo, intervenendo in Consiglio comunale alla vigilia del quarantottesimo anniversario di quel 4 novembre 1966. Per quel che riguarda la messa in sicurezza del fiume “sono partiti i cantieri” e “abbiamo davanti a noi- continua- un crono programma per quattro anni di lavoro” che andrà a realizzare “un sistema di difesa che metta insieme quattro casse di espansione fra Figline e Reggello”.

Celebrazione 48° anniversario alluvione dell'Arno

I lavori della prima cassa si espansione, in località Pizziconi (che raccoglierà 4,5 milioni di metri cubi di acqua; costo 21 milioni di euro), sono partiti un mese fa. Un sistema che, una volta legato ad altre tre casse, Restone, Prulli e Leccio, ancora da realizzare, unito al rialzo delle spallette della diga di Levane- è previsto il rialzo dello sbarramento dalla quota attuale di 169 metri s.l.m. a quota di 174, dove la quota di massimo invaso oggi è a 167,50 metri s.lm. e sarà a 172,00. Il volume invasabile per la laminazione delle piene risulterà pari a circa 16 milioni di mc. Il costo è intorno a 25 milioni di euro. Il Progetto definitivo è in corso di redazione a carico di Enel. Lavori ultimati a metà 2018- permetteranno di invasare circa 40 milioni di metri quadri di acqua. Il tutto per poter ridurre la portata in transito a Firenze in caso di piena a quantità in grado di non provocare danni”.

Si tratta, ha sottolineato D’Angelis, di “opere importanti” che “dovevano essere già state realizzate. Le abbiamo fortunatamente sbloccate e con la Regione stiamo correndo anche con accordi per mettere il lavoro su più turni”. Un sistema su quattro anni con “un costo complessivo di 110 milioni di euro”: 30 già finanziati e 80 da finanziare “40 da fondi statali dello ‘Sblocca Italia’ e dell'Adp 2014-20, e 40 dalla Regione”. Il sostegno del Governo- ha concluso D’Angelis- è concreto e seguiremo con la Regione da vicino il crono-programma per portare a termine i lavori nel minor tempo possibile, anche grazie ad accordi che favoriremo per poter lavorare in più turni”.

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