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Cronaca

Firenze, il business di Airbnb: 4 su 5 affittano più alloggi. E il 90% non ha registrato la licenza

Numeri emblematici dai risultati di una ricerca Unifi. Cosa si può fare per limitare il fenomeno

La pandemia oggi sembra alle spalle e i turisti tornano a popolare Firenze come e più di prima. Le strutture alberghiere registrano numeri importanti, ma c'è un altro attore da tempo centrale nell'offerta cittadina: è Airbnb, il più importante portale al mondo che mette in contatto domanda e offerta per un alloggio. A Firenze conta circa 10 mila strutture, di cui 5 mila risultano "attive", cioè affittate frequentemente e di recente.

Dati interessanti emergono da una ricerca effettuata da "Habits Lab" dell'Università di Firenze (https://thiggimajig.github.io/habits-lab/), gruppo di lavoro composto da sei docenti e ricercatori di geografia economica, che hanno utilizzato fra le altre anche le statistiche provenienti dal sito "Inside Airbnb".

Come si può immaginare, la stragrande maggioranza delle strutture si trova nel centro storico della città: l'82,1% del totale e il 73,6% di quelle attive è situato nel Quartiere 1. Cifre che spiegano bene l’acceso dibattito sull’inclinazione turistica di Firenze e sulle misure per governare il fenomeno.

Questi appartamenti e camere, infatti, accrescono il valore immobiliare, rendendo dura la vita a chi cerca un affitto stabile. E stanno sul mercato insieme alle strutture ricettive, pur senza dover rispettare le stesse regole, prescrizioni e oneri fiscali.

Perché i numeri parlano chiaro: ad offrire alloggi non sembrano proprio semplici persone guidate dall'ospitalità, com'è nello spirito alle origini di Airbnb. O almeno non solo. Nella classifica del numero dei soggetti (fisici o giuridici) che offrono affitti su Airbnb a Firenze i primi tre hanno nella loro dotazione oltre 100 strutture sulla piattaforma. Il primo ne conta ben 169. Molti multi-proprietari i cui alloggi, come si vede dalla carta nella foto sopra, sono naturalmente concentrati prevalentemente in centro.

Una circostanza è piuttosto chiara: per centinaia di "host", gli affittuari nel gergo della piattaforma, mettere a disposizione appartamenti e camere è in realtà un vero e proprio business. Da qui la necessità delle istituzioni di regolamentarlo, per evitare la concorrenza sleale e il congestionamento del centro storico, ormai sempre più svuotato dai fiorentini.

Così la ricerca del gruppo "Habits Lab" dell'Università di Firenze ha simulato anche i possibili effetti di politiche più stringenti sugli Airbnb. Quello che emerge è emblematico: basterebbe limitare la possibilità di offerta ad un solo appartamento per ogni proprietario per ottenere l'abbattimento dell'80% il numero delle strutture attive su Airbnb. E circa il 40% degli alloggi tornerebbe sul mercato degli affitti a lungo termine, addirittura il 63% se si impedisse l'affitto dell'intera casa (ma soltanto di alcune camere nella propria casa). 

A Firenze, invece, oltre il 90% delle strutture non ha neppure registrato la licenza prevista per affittare. Nonostante questo sia gratuito. Eppure città come Barcellona per concedere la licenza commerciale di Airbnb hanno imposto una piccola tassa. Ed hanno limitato i giorni di possibile apertura delle strutture. Operazioni che negli anni hanno ridotto il fenomeno degli Airbnb, oltre a rimpinguare le casse pubbliche, grazie anche a rigidi controlli e multe salate.

Nelle città americane, come San Francisco, le licenze sono molto più care, mentre ad Amsterdam, per esempio, più che la moneta interessa la limitazione del fenomeno: puoi affittare su Airbnb soltanto se sei residente nell'appartamento che offri. Una scelta che ha abbattuto perentoriamente il problema. Che a Firenze, di questo passo, sarà sempre più sentito.

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