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Firenze celebra la Liberazione, Sarti: "La Costituzione ha nemici pericolosi"

Prima in piazza dell'Unità dove è stata deposta la corona al monumento ai Caduti di tutte le guerre, poi il corteo fino a Palazzo Vecchio dove le celebrazioni sono state dedicate a Ivano Tognarini

“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”. Piero Calamandrei, ‘Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza’, Milano, 26 gennaio 1955. Liberarsi dal peso, dall’oppressione, dalle paure, delle imposizioni, dal male. Liberarsi e tornare liberi. È come entrare in una stanza di una casa rimasta chiusa per venti anni e correre ad aprire la finestra per farvi entrare la primavera. Ma prima di quel 25 aprile del 1945 c’è chi disse di no, un no che da solo vale la vita di tutti.

“Chi muore per la libertà, muore per tutti”; da quelle colline, dai monti, dagli inverni del ‘Partigiano Johnny’, dalle staffette, dai nomi di battaglia, dai tozzi di pane, dai granai dove trovare ristoro, dalle scarpe rotte, dalle fughe con il cuore in gola, dagli assalti, dalle munizioni che non bastavano mai, delle prigioni, l’Italia ha vissuto il suo secondo risorgimento e ha conosciuto il sangue di una vera e propria guerra civile. È quell’esempio, quella speranza, la passione, che si fuse alle bombe anglo-americane e ridette fiato, gambe, carne, al Paese. Ci fu chi decise di resistere alle leggi ‘fascistissime’, alla dittatura, alle deportazioni, all’assurdo; per questo Resistenza e non rivoluzione. La morale sta tutta qui: ci fu allora chi tramandò l’uomo all’uomo. È qui, così, che è nata la Costituzione. Per questo la Liberazione è un giorno complicato e insieme bellissimo, perché da una parte ricorda il mostro, il sangue, i treni verso i campi di sterminio, le prigioni; dall’altra la nuova vita, l’esempio, il coraggio, il seme della ricostruzione.

Anche Firenze ha celebrato il suo 69° 25 aprile, quest'anno dedicato a Ivano Tognarini, presidente dell’Istituto Storico della Resistenza della Toscana deceduto nel marzo scorso. Alle dieci del mattino in piazza dell’Unità, dove le autorità civili, militari e religiose hanno deposto la corona al monumento ai Caduti di tutte le guerre. Poi il tradizionale corteo – con i gonfaloni del Comune di Firenze, della Regione Toscana e della Provincia di Firenze, la bandiera del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale del Corpo Volontari della Libertà e i labari delle associazioni dei partigiani – che ha raggiunto Palazzo Vecchio.

Firenze che ricorda e che, tra qualche mese, il prossimo 11 agosto, celebrerà il 70° anniversario della propria Liberazione. Sì perché, è bene non scordarselo mai, Firenze è medaglia d’oro per la Resistenza. In quell’agosto infernale, lo scampanellino della ‘Martinella’ disse al mondo che i fiorentini si erano liberati da soli. Così quando nel Salone dei Cinquecento ha preso la parola il quasi novantenne Silvano Sarti, storico presidente dell’Anpi Firenze, lo spirito dei rintocchi partiti dalla cima della Torre di Arnolfo sono tornati a riecheggiare: “Avevo diciotto anni all’epoca, fummo spogliati di tutto. Decisi di ribellarmi, meglio il rischio della morte che quella vita”. E sulla Costituzione: “Ha nemici pericolosi, il populismo, l’antipolitica”. Così parte la strigliata ai rappresentanti delle istituzioni: “La politica è una cosa utile e bella, ma dipende da chi la fa”. Ed infine, dopo aver cantato al microfono ‘Bella Ciao’, dopo la standing ovation, torna sul podio e grida: “La pace e non la guerra, il lavoro e non la disoccupazione. Attuate la Costituzione e i problemi saranno risolti”. Al fianco di Sarti, Liliana Benvenuti, nome di battaglia ‘Angela’: “Ho fatto la partigiana per difendere la mia città. Non la sporcate, vogliategli bene”.

25 aprile, la celebrazione della Liberazione a Firenze

Prima di Sarti, la parola è toccata al vicesindaco Dario Nardella. Nel suo intervento, a proposito di riforma del Titolo V e l’abolizione del Senato elettivo, tema caldissimo, ha sottolineato: “Abbiamo la Costituzione più bella del mondo, fondata su principi che non si toccano e, allo stesso tempo, sulla necessità di adattare in modo intelligente, graduale, con buon senso, le regole democratiche ai mutamenti della società. Mi riferisco in particolare alla Seconda Parte, non solo al Titolo V, ma anche agli altri Titoli che riguardano l’ordinamento democratico. Per questo la riforma del Parlamento è necessaria e non è affatto una violazione dei principi della Costituzione. Questo è il compito del Parlamento e del Governo”.

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