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Cronaca

25 aprile, il racconto: “Mi salvai dalle granate sul Ponte al Pino”

Novara Berti ha 95 anni ma ricorda bene i giorni della Liberazione: un fratello era partigiano e un altro morì dopo la prigionia in Germania

Novara Berti è nata 95 anni fa a Borgo San Lorenzo ma durante la seconda guerra mondiale lavorava a Firenze come bambinaia. Nonostante l’età, ha conservato la sua eleganza e ricorda in modo vivido i giorni caotici della liberazione.

La sua famiglia fu sfollata dal centro di Borgo alle campagne di Bivigliano (sempre nel comune mugellano), lei invece scese a Firenze. “Non vedevo mio fratello Antonio da più di un anno, sapevo che era nei partigiani - racconta Novara -, una volta andai in Via della Robbia a prendere la farina di piselli, trovai un ragazzo del Mugello che mi assalì dicendomi: sei venuta a Firenze ad allargare le gambe ai fascisti?" "Ci rimasi male - racconta la donna ancora indignata". "Io volevo solo sapere se aveva visto mio fratello". "A quanto pare però mi aveva riconosciuta perché poco tempo dopo mi arrivò un messaggio di Antonio in cui mi chiedeva di incontrarlo in Via della Robbia dove distribuivano il pane. Stava per raggiungerlo quando passai sul ponte al Pino nel momento in cui esplose una granata lanciata dai tedeschi. Mi salvai per miracolo - continua Novara con le lacrime agli occhi - ricordo ancora il volto di una signora che mi fece entrare in casa sua per offrirmi un bicchiere d’acqua”.

Novara ritrovò il fratello solo a liberazione avvenuta. “In quei giorni c’era tanta confusione - continua la 95enne -, io non partecipai ai festeggiamenti perché dovevo guardare i bambini, la signora (la sua datrice di lavoro, ndr) invece andò in centro a festeggiare. Mi accorsi della fine della guerra quando ritornò l’acqua”.

QUANDO TORNO' L'ACQUA

Il destino di Novara è legato alla seconda guerra mondiale anche per l'amore della sua vita: conobbe suo marito perché era una ‘madrina di guerra’. Queste erano giovani donne che scrivevano lettere ai soldati in battaglia per tener loro alto il morale. Quello che poi sarebbe diventato suo marito si trovava a Bolzano nella stessa caserma del fratello Angelo.

novara liberazione (4)-2“Mio fratello aveva portato con sé una mia foto, il mio futuro marito la vide e mi scrisse chiedendomi se volevo essere la sua ‘madrina di guerra’, mi mandò anche una sua foto, non era brutto e quindi accettai - racconta la donna -. Ci scrivemmo per tutto il periodo della guerra. Nel 1945 mi venne a cercare a Firenze e dopo un fidanzamento di  5 anni mi trasferì a Conegliano con lui, siamo stati sposati per più di 50 anni”.

Angelo però non è sopravvissuto alla guerra. Dopo l’armistizio del 1943 fu catturato dai tedeschi e trasferito in un campo di prigionia in Germania qui si ammalò gravemente e fu rimandato in Italia prima della fine del conflitto. Morì in un ospedale militare a Como. Novara e la sua famiglia scoprirono la morte del fratello solo quando era già stato sepolto in un cimitero comune a Como. “Un uomo di Pontassieve era nella sua stessa camera di ospedale, quando tornò a casa ci contattò dicendoci che Angelo era morto”.

Oggi Novara vive a Borgo San Lorenzo dove viene accudita dai suoi nipoti (i figli del partigiano Antonio e del fratello maggiore della 95enne) e custodisce gelosamente i ricordi di quell’epoca: “Ho ancora le lettere di mio marito, non dimenticherò mai il caos di quei giorni, e ogni giorno penso a Angiolino. Aveva solo 22 anni”.       

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