Se diciamo “aglione della Val di Chiana”, che cosa vi viene in mente? Un bulbo un po’ troppo cresciuto? Un termine canzonatorio di quelli amati dagli ironici toscani? Fuochino. Stiamo parlando in realtà di una varietà a sé stante, dalle origini antichissime ma messa un po’ da parte fino a qualche tempo fa, quando produttori e cuochi hanno ritenuto di doverla riportare, piano piano, in auge. E giustamente, considerando che può vantare delle proprietà piuttosto uniche. Ad esempio quella — molto interessante — che gli vale l’appellativo di “aglio del bacio”.
Cos’è l’aglione della Val di Chiana
A vederlo, si riconosce a prima occhiata. Un bulbo grande, che può arrivare ai 10 cm di diametro, finanche ai 15, e un peso facilmente raggiunto di 800 grami per testa. All’interno si trovano solitamente non più di sei bulbilli (cioè spicchi), rivestiti singolarmente proprio come l’aglio che conosciamo. Il profumo, però, è ben diverso, grazie a una minima presenza di composti solforati nonché alliina (la molecola da cui si forma l’allicina, che dà il caratteristico “aroma” inviso a tanti). Una provvidenziale carenza che non intacca le sue proprietà nutrizionali — con riconosciuti effetti antiossidanti e antibatterici — migliorandone però il retrogusto e la digeribilità. Una volta “scartato” ve ne accorgerete: il colore della polpa è bianco tendente all’avorio e la consistenza risulta più pastosa e succosa. Il che lo rende ideale, come diremo, per rinforzare sughi e minestre, con un gusto delicato e fresco ma ben percepibile. Già così, probabilmente, lo impiegavano addirittura gli Etruschi, che hanno lasciato traccia dell’Allium ampeloprasum var. Holmense nei loro insediamenti presso l’odierna Montepulciano.
L’aglione della Val di Chiana: come e dove si produce
La zona in cui si è sviluppata la coltivazione, e nella quale ancora oggi rimane piuttosto limitata, è quella della Val di Chiana, un territorio agricolo particolarmente fortunato che si estende tra le province di Arezzo, Siena e Perugia. Una curiosità storica: la coltivazione è ben presente anche sull’Isola del Giglio, che, dopo un saccheggio piratesco nel 1544, venne ripopolata dalla famiglia dei Medici proprio da coloni della Val di Chiana. In quest’area le aziende che lo coltivano sono diverse, pur se spesso di piccole dimensioni, riunite dal 2017 anche nell’Associazione per la Tutela e la Valorizzazione dell’Aglione, provvista di disciplinare di produzione.
Con tanto di linee guida sulla condotta di coltivazione, con la semina tra ottobre e novembre su suoli particolarmente sciolti, sabbiosi, di medio impasto e privi di ristagni d’acqua. Segue poi una crescita lenta e continua, con piante dalle foglie lunghe e piatte e belle infiorescenze a globo color viola. La raccolta, infine, avviene tra giugno e luglio, avendo cura di sistemare subito i bulbi in uno spazio fresco, asciutto e ventilato per farli perdere d’umidità. È grazie anche agli sforzi dei produttori associati che l’aglione della Val di Chiana è stato introdotto nel 2017 tra i PAT - Prodotti Agricoli Tradizionali. Con la prospettiva, si auspica, di ottenere presto anche il riconoscimento del marchio Dop.
L’aglione in cucina, le ricette tipiche
Per fare la prima conoscenza dell’aglione e delle sue molte proprietà non c’è toscano che non consigli i mitici pici. Un primo piatto tipico della campagna senese, dove un semplice impasto di acqua e farina tirato a mano in forma allungata incontra un sugo rosso. La base si ottiene con un trito di aglione, lasciato soffriggere in padella finché avrà creato una cremina. E qui risiede la prima differenza rispetto alla varietà “standard”. Aggiungendo qualche fiocco di peperoncino e pomodori pelati, oppure passata, la salsa prenderà corpo e fragranza, ma, a pasto finito, il tutto risulterà ben digeribile e senza spiacevoli conseguenze. “A prova di bacio”, appunto.
Se volete assaggiarne qualche valido esempio, prima di provare a casa, considerate quelli dell’Osteria del Leone nella bella Bagno Vignoni — che li prepara in stagione, anche nella versione con i broccoli, senza pomodoro —, oppure de La Bottega Matta di Montepulciano. Ma le potenzialità dell’aglione non si esauriscono qui. Buona idea anche cuocerne una testa intera in forno a bassa temperatura, poi estrarne gli spicchi diventati cremosi e spalmarli su crostini di pane sciocco.
Oppure farne un trito con il finocchietto e condire un rotolo di coniglio in porchetta e anche delle polpette con carne macinata e pane ammollato, cotte in umido al pomodoro o fritte in bianco. Se preferite affidarvi a mano già esperte, in ogni caso, segnate in agenda la storia Sagra dei Pici di Celle sul Rigo, una frazione del comune di San Casciano dei Bagni dove anche l’aglione si festeggia ogni maggio dal lontano 1969. Prendete ispirazione, ad esempio, da un punto di riferimento della gastronomia nazionale: il tre stelle Michelin l’Enoteca Pinchiorri di Firenze, dove lo chef Riccardo Monco lo impiega per una crema che accompagna pollo delle Murge e royale di porcini.