rotate-mobile
Ristoranti in punta di forchetta

Ristoranti in punta di forchetta

A cura di Marco Gemelli

La bistecca della discordia: polemiche sulla Fiorentina

A cura di Marco Gemelli

Niente da fare, Firenze non riesce a non litigare nemmeno su una delle sue icone. La sempiterna dicotomia che animò il contrasto tra Guelfi e Ghibellini torna periodicamente a riproporsi, in riva all'Arno, scegliendo ogni volta un casus belli differente. L'ultimo dei quali è nientemeno che la bistecca alla fiorentina, per la quale un'apposita associazione ha avviato una campagna per fare ottenere alla “ciccia” made in Florence il riconoscimento UE come «Specialità tradizionale garantita», mentre è ancora in corso l'iter per vedere la bistecca riconosciuta come patrimonio mondiale dell'umanità dall'Unesco. A dar fuoco alle polveri stavolta è stato l'intervento della storica dell’arte Cristina Acidini all’Accademia della Fiorentina: «Nelle strade meravigliose e nobilissime di Firenze vediamo spesso vetrine inquietanti che moltiplicano, esaltano e inflazionano la visione della bistecca, mi domando se queste vetrine corrispondano all’estetica della bistecca che vogliamo trasmettere». Apriti cielo: come da miglior tradizione fiorentina, le fazioni si sono subito schierate tra chi dà ragione alla storica e a chi invece rivendica con orgoglio le vetrine che espongono a volte intere mezzene.

Il punto focale del suo j'accuse è quello della “dignità estetica” da ridare alla bistecca, giudicata “talvolta un simbolo della violenza dell’uomo sull’animale”. Un'affermazione che aprirebbe un vaso di Pandora in grado di contrapporre visioni filosofiche antitetiche nell'eterna questione tra uomo e natura. E dire che i precedenti in materia non mancano, almeno in campo artistico, ed è stata la stessa Acidini a passare in rassegna i vari «Bue scuoiato» di Chagall, la «Vucciria» di Guttuso, la «Macelleria» di Passerotti, la «Natura morta con carne» di Monet, fino a «Una bistecca su foglio giallo» di Vallotton o la «Bottega» del macellaio di Beuckelaer. A conti fatti, verrebbe da dire, non c'è poi tanta differenza tra la carne esposta nelle vetrine dei ristoranti e quella che ha fornito ispirazioni a questi ed altri artisti. Ma la vicenda è più sottile, e non c'è bisogno di scomodare la liturgia dell'offerta sacrificale dell'animale immolato per il nostro benessere, tanto cara a certe fasce animaliste. Teniamo anche da parte quel benaltrismo diffuso che tira in ballo il mangificio cui sarebbe ridotto il centro storico fiorentino o che chiama in causa il merchandising con le nudità del David. Sic et sempliciter, la divisione sembra essere tra chi sostiene che quelle “carcasse” esposte non facciano parte di alcuna tradizione fiorentina e chi invece richiama addirittura la vitella di razza Chianina che dal 1530 viene messa in palio per i vincitori del Calcio storico, a supporto delle proprie tesi. Impossibile dire chi abbia ragione, e molti ristoratori cui abbiamo chiesto un parere preferiscono sottrarsi a una presa di posizione. Anche perché, si sa, è uno di quei temi su cui (quasi) ogni posizione è legittima. Persino quella di chi, parafrasando una celebre frase tratta dal film Il Sesto Senso, camminando per le vie del centro di Firenze potrebbe sussurrare all'orecchio del vicino “Vedo la carne morta....”.

Si parla di

La bistecca della discordia: polemiche sulla Fiorentina

FirenzeToday è in caricamento