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Violenza e difficoltà nei giovani 

L'analisi del dottor Loris Pinzani

Proprio a Firenze sono accadute ed accadono manifestazioni sociali giovanili che non possono essere trascurate, tanto più che avviene altrettanto nel resto d’Italia e dell’Occidente. Dunque, nel pieno centro della città un gruppo di minorenni si organizza e pretende un dominio da coetanei. Si tratta di fatti ricorrenti, che si svolgono con frequenza maggiore rispetto al passato recente. Intanto dobbiamo considerare che in quella fascia di età appartenere ad un gruppo significa esistere in senso sociale ed all’interno vige una legge non scritta, per la quale appartenere significa condividere le azioni e tentare di prevalere sul mondo esterno al gruppo stesso. Avviene quello che abbiamo davanti senza volerlo vedere: insieme all’evidente disagio di cui si ha resoconto quotidiano, c’è quello di porzioni di popolazione sottoposte a difficoltà di vita collettiva. La società di domani si determina oggi: oggi se ne dispongono le sorti. È “oggi” non c’è niente di semplice. Certo, i problemi di fasce di difficoltà ci sono sempre stati, ma in questa fase dobbiamo darne una lettura specifica, legata al momento. Un gruppi di minorenni si organizza dando vita ad una marginalità per molti aspetti assolutamente irreversibile, in cui organizzano attività ai danni di singoli che hanno osato denunciarli. Tutto ricorda fin troppo le condizioni di disperazione sociale dell'America dell'inizio del secolo scorso, o del Brasile, dell’India metropolitana, dei sobborghi mitteleuropei, in cui vi sia una difficoltà di intervento, unita ad una inosservanza. Il paragone non deve sorprendere, naturalmente è differente l’entità del problema, non la dinamica con cui si svolge. Parliamo dei giovani e del disagio in cui si sviluppano disfatte famigliari parallele o precedenti a quelle sociali, che trasmettono la propria distorsione ad una trama collettiva dissestata da una crisi sanitaria che si è sommata alle altre.

Giovani compiono spedizione punitiva su un 16enne

Un aspetto che vale la pena di osservare, si tratta di giovani e giovanissimi di differenti derivazioni, l’aspetto interessato è l'impostazione psicologica del gruppo e non necessariamente la condizione sociale di appartenenza. D'altra parte la storia è piena di famiglie bene da cui derivano gioventù difficili, così come è evidente che vi sono nuclei collettivi dotati di difficoltà ma uniti da profondo senso sociale. Le stesse vicende che riguardano i singoli ed una vastità di condizioni sperimentali ne sono una prova evidente: il contatto sociale più vicino al soggetto è quello che ne forma la condizione in modo più incisivo la condizione mentale.

È necessario non cadere nel tranello di immaginare che si tratti di condizioni scollegate dal problema sanitario attuale; sarebbe un errore da lasciar pagare ai tempi futuri. Non possiamo tacere che il dilagare di questa violenza (troppo) precoce dipende anche certamente da una difficolta delle famiglie, messe a dura prova più di quanto già non fossero, a seconda dei casi da motivi di rabbia, sconforto, oppure (spesso) economici.

Quando in una società, in qualunque gruppo sociale, si instaura l’ipotesi che possa prevalere il più forte, ha inizio una corsa immaginaria per accaparrarsi un dominio, come qualcosa da sottrarre ad altri e che costituirà la promessa di una difficoltà successiva. Ora più di sempre dobbiamo a tutti i costi evitare il rischio di dare inizio ad un disordine collettivo da cui derivi il dubbio che il più forte ha la meglio. Sarebbe l’origine di un disastro che si manifesterebbe nei decenni successivi ed ogni rimedio sarebbe intempestivo. Domani saremo in ritardo. La psicologia sociale ed ancor più la psicoterapia devono mettersi nelle condizioni di dare apporto decisivo al sistema di crescita nel suo insieme; per chi non l'avesse chiaro si tratta di un aspetto oggi evidente.

Violenza e difficoltà nei giovani 

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