Il pericolo della sfiducia
Una riflessione sul ruolo dello Stato e del popolo che è convinto di non avere alleati
In questa maledetta Pandemia la Toscana è scossa dallo stesso turbine che muove il mondo. In essa il Presidente della Regione tampona una crisi che prima di essere di politica e regionale, è umana, collettiva, mondiale.
Esattamente come descrive in Manzoni parlando della peste, una difficoltà come quella della malattia, divide piuttosto che unire e come può accadere in una famiglia dissestata, ognuno tutela il proprio punto di vista senza una visione totale. Sta avvenendo quello che temevamo, ossia che la rabbia ostacola la razionalità. Non dovrebbe avvenire, non è questa la strada.
Abbiamo dimenticato l’uso della competenza per un motivo semplice: non ci fidiamo di chi ci parla. Diffidiamo di chi governa e al di là del colore della sua opinione, si teme che sia contraffatta, oppure falsata. Si teme o ne siamo sicuri!
Non è solo un problema di vaccini oppure di cure, ma di inaffidabilità di come vengono progettati gli interventi: questo è grave. Oggi, il “popolo del mondo” è convinto di non avere alleati. C’è una sorta di sommossa non esposta, che nasce dall’ansia e che porta alla rabbia. È in corso una sorta di attesa in cui una parte esprime diffidenza rispetto ai vaccini oppure quello che li rende necessari, l’altra ne afferma l’utilità. Si tratta di un’attesa in cui lo Stato non esprime una condotta precisa, in mezzo a posizioni opposte che diventano violente, tra chi vuole misure restrittive e chi le respinge. Questo mondo così globalizzato, soffre nella gestione della cosa pubblica. Ormai la fiducia è una chimera e la società non si fida più di chi la guida. Questo non doveva avvenire. Coloro che erano avversi o dubbiosi lo sono sempre di più e altrettanto fanno gli ortodossi delle cute o della vaccinazione. A prescindere dall’origine di questa maledetta circostanza, bisogna correre ai ripari ed è qui che si esprime una rabbia sordida nervosa e solitaria.