Psicologia e Covid: un Natale diverso
A cura di Loris Pinzani
Questo Natale sarà pervaso da una forma di incertezza latente e greve che si respira e si teme, ma ancor più lo sarà tutto il periodo a venire. Sarà differente, è inevitabile, perché sarà diverso lo stato mentale degli abitanti del mondo. Se c’è qualcosa che questa condizione sta insegnando (non a tutti) è il fatto che si è ben poco garantiti, perché non lo è la vita, insidiata dalla semplice realtà che sfugge ad ogni logica, ad ogni giustizia.
Questo Natale è diverso, lo abbiamo detto e scritto di volta in volta, come quello del 1978 con il rapimento di Aldo Moro, come quello dell’11 settembre del 2001, come quello dopo gli attentati terroristici di qualche anno fa. Così come accade negli eventi sconvolgenti della storia, viene avvertita la vena di incertezza che deriva dal vedersi nella fragilità che distingue l’uomo, proprio grazie alla sua immaginazione. La stessa che gli consente di creare, lo obbliga a temere il futuro, come ha esposto magistralmente Martin Heidegger nel suo Esistenzialismo Ontologico.
Nella difficoltà generale tocchiamo con mano rabbia e smarrimento ed oggi, come sempre dopo ogni sconfitta dell’organizzazione collettiva, della nostra politica, la società nel suo insieme conosce un arresto in cui espone la propria fragilità. In essa si esprime il timore di perdere quello che si ritiene acquisito. La certezza del difficile presente aumenta il peso di ogni ipotesi del futuro.
Nella veste di chi cura la mente non posso non osservare che la società si destina con a lottare contro le proprie incertezze. In questa fase storica (e psichica), si sommano i problemi dell’oggi all’ipotesi reale di quelli del futuro, la cui certezza è la sua precarietà; proprio questo sarà il grande nemico: la distanza tra le persone, ripete quella tra le loro speranze e quello che diviene possibile.
Siamo già più distanti tra noi. Abbiamo costruito una società complessa, illudendoci della sua forza, ostentata da una certezza che rimane lontana.