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Diario di una donna

Diario di una donna

A cura di Federica Sazzini

Origliare i discorsi delle persone in autobus: così scopro la coscienza 

A cura di Federica Sazzini

Mio marito sostiene che prima o poi qualcuno se ne accorgerà e passerò cinque brutti minuti. E probabilmente ha ragione. A nessuno piace venire spiato.
A mia discolpa posso dire che lo faccio senza malizia, per curiosità, perché sono affascinata dalle persone e dalle loro storie. E quindi, quando posso, origlio.

Il luogo migliore sono i mezzi pubblici. Stipata nella calca, invece di sfogliare ossessivamente la cronologia di Facebook io mi metto ad guardare le persone.
Ne ascolto i racconti, ne osservo il modo di muoversi, l’inflessione della voce, la gestualità talvolta teatrale che accompagna le parole. L’ho fatto anche domenica scorsa.

Una nonna teneva sulle gambe un bambino, al suo fianco il nonno discorreva con un amico di vecchia data. Non so perché ma mi è subito sembrato un pirata. Barbetta curata, fisico asciutto, tatuaggio di un teschio su un polso. Scherzava con il nipotino e nelle pause rideva con l’amico. Scopro così che faceva il controllore sugli autobus, e nel raccontarlo si lamenta della poca educazione dei giovani d’oggi nei confronti degli anziani. Faccio per distogliere l’attenzione, è una lagnanza che ho già sentito troppe volte, quando ecco che dice una cosa che non mi aspetto. “Io agli anziani la multa non la facevo mai”.

Ruoto impercettibilmente la testa, lo studio meglio. Settant’anni ben portati, lo sguardo è ancora vivace. “Sai cosa facevo?”, continua a raccontare, “chiedevo sempre quanto prendevano di pensione. Anche se mi bastava uno sguardo per capirlo. Alcuni mi chiedevano di non fargliela, e allora dicevo va bene, ma la
prossima volta non chiuderò un occhio. Altri erano troppo orgogliosi per ammettere di avere problemi a pagarla, e allora io gliela facevo, ma senza che se ne accorgessero mettevo l’indirizzo sbagliato. Se l’indirizzo è sbagliato, la multa non arriva”.

É la mia fermata, devo scendere. Butto un ultimo sguardo. Vedo il nipote che appoggia la testa sul fianco del nonno, lui lo carezza. E penso che il vecchio controllore faceva bene, anche se l’azienda trasporti non sarà d’accordo. Agiva secondo coscienza. É una cosa che spesso nel nostro piccolo ci dimentichiamo di fare.

Diciamo: si deve fare così perché le leggi, le consuetudini e le abitudini mi dicono di comportarmi così. Ma le leggi possono essere sbagliate, le consuetudini frutto di miopia e pigrizia, le abitudini il riflesso di pregiudizi e sospetti. Sempre sempre è bene interrogare la nostra coscienza, anche se è faticoso e a volte anche rischioso. Ma è dal sonno della coscienza che nascono mostri.

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