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Angolo dell'avvocato

Angolo dell'avvocato

A cura di Lucrezia Baldini & Francesco Vignali

Sosta selvaggia, cosa si rischia oltre alla multa: parola agli avvocati

Le possibili conseguenze penali, dalla 'violenza privata' all' 'interruzione di pubblico servizio'

Il recente caso di un nostro assistito sottoposto a procedimento penale per aver ostruito con il parcheggio della propria autovettura l’accesso ad un immobile offre lo spunto per approfondire se e in che termini questo tipo di condotta possa avere delle conseguenze penali, soprattutto in riferimento al diffuso fenomeno del parcheggio in “doppia fila”.

È noto a tutti che si tratta di un comportamento che, nella prassi quotidiana, risulta assai diffuso, specialmente nelle grandi città, anche a causa dell’endemica mancanza di parcheggi auto.

È quindi interessante esaminare le possibili conseguenze di legge a cui può andare incontro l’automobilista “incauto” nei parcheggi.

Va prima di tutto ricordato che l’art. 158, comma 2, lett. c) del Codice della Strada vieta la sosta in seconda fila e prevede una sanzione amministrativa da Euro 24,00 a euro 98,00 per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da euro 41,00 a euro 169,00 per i restanti veicoli. L’art. 159 autorizza gli agenti di polizia alla rimozione forzata qualora la sosta vietata costituisca pericolo o grave intralcio alla circolazione.

Oltre a ciò, è importante rilevare che la giurisprudenza, anche della Corte di Cassazione, si è spinta più volte a ritenere sanzionabile penalmente il comportamento del soggetto che, parcheggiando in doppia fila ovvero in altra posizione, blocchi la manovra alle altre autovetture regolarmente parcheggiate o comunque impedisca l’accesso o l’uscita ad altri autoveicoli.

Secondo i Giudici questa condotta può essere idonea a integrare il reato di violenza privata, previsto dall’art. 610 del Codice Penale, che punisce con la reclusione fino a 4 anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa.

La Corte di Cassazione, con sentenza del 4 luglio 2005 n. 24614, ha precisato che il reato previsto dall’art. 610 c.p. deve ritenersi integrato sulla base di ogni condotta idonea a determinare una coazione della parte offesa: in questo caso la condotta del responsabile era consistita nell’avere parcheggiato la propria autovettura in modo da bloccare quella della persona offesa e nel successivo rifiuto di spostarla di fronte ad un espresso invito in tal senso; da qui la coazione subita dalla persona offesa, costretta a un comportamento non liberamente voluto.

Sul punto, la giurisprudenza identifica, infatti, il requisito della “violenza” in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione (Cass. pen., sez. V, 19 ottobre 2015, n. 48346; Cass. pen., SSUU, 12 marzo 2013, n. 28487).

In un altro caso, la Cassazione (sent. n. 5271/2014) ha confermato la condanna per violenza privata a carico di un soggetto che con la propria auto aveva ostruito il passaggio ad un autobus di linea, interrompendo così lo svolgimento di un pubblico servizio.

Lo stesso principio è applicabile per i Giudici anche in un contesto di natura condominiale.

La giurisprudenza ha, infatti, ripetutamente affermato che la condotta del vicino che parcheggia dinanzi ad un fabbricato, bloccando il libero transito condominiale, integra il reato di violenza privata ed, in particolare, «la condotta di colui che, avendo parcheggiato l’auto in maniera da ostruire l’ingresso al garage condominiale, si rifiuti di rimuoverla  nonostante la richiesta della persona offesa» (Cass. pen., 17 maggio 2006, n. 21779; Cass. pen., 18 novembre 2011, n. 603 e Trib. Ascoli Piceno, 26 settembre 2016, n. 859).

L’orientamento espresso dalla Suprema Corte è stato seguito anche da numerosi Tribunali.

Si segnalano, tra le altre, la sentenza n. 2006/2014 del Tribunale di Taranto, con cui è stata affermata la responsabilità penale per il reato di cui all’art. 610 c.p. nei confronti di un condomino che, a seguito di liti con altri proprietari, aveva lasciato la propria vettura per due giorni di fronte al garage di un altro inquilino, impedendogli di fatto il libero accesso ed uso del suo bene privato.

Il Giudice di Pace di Roma, con sentenza n. 27962/2013, ha condannato un automobilista in ragione del parcheggio in seconda fila sulla strada pubblica, che aveva impedito l’uscita dal parcheggio di un altro conducente, regolarmente posizionato sulle strisce a bordo carreggiata. Alla condanna si è aggiunto un risarcimento danni per la perdita di tempo causata al proprietario del veicolo in sosta.

Infine, una recente decisione della Corte d’Appello di Palermo (sentenza 22 febbraio 2016, n. 648) ha confermato la condanna nei confronti di un imputato che aveva più volte parcheggiato la propria autovettura sull’unica strada di accesso ad un immobile, impedendo alla parte offesa di raggiungere la propria abitazione.

Alla luce di tale interpretazione, è quindi buona regola cercare di evitare il più possibile il parcheggio “selvaggio”, al fine di non incorrere in spiacevoli conseguenze sanzionatorie, in certi casi anche di natura penale.

Sosta selvaggia, cosa si rischia oltre alla multa: parola agli avvocati

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