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Angolo dell'avvocato

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A cura di Lucrezia Baldini & Francesco Vignali

Falsi: cosa rischia chi vende e chi acquista prodotti taroccati?

Quali sono le conseguenze in cui incorre un venditore ambulante che vende senza autorizzazione, in particolare quando si tratta di merce contraffatta

Cosa accade quando un venditore ambulante viene colto dalla Polizia municipale a vendere merce in assenza di autorizzazione per il commercio su area pubblica? In particolare, un recente caso relativo ad un nostro assistito ci permette di fare il punto sulle conseguenze amministrative e penali.

In primo luogo, occorre distinguere in base alla merce venduta. Infatti, se il venditore si limita a fare commercio senza autorizzazione di oggetti comuni, non contraffatti, si avrà la violazione della legge Regionale Toscana n. 28/2005, ossia il Codice del commercio regionale.

Gli agenti (di solito i Vigili Urbani) che controllano queste attività, se trovano un venditore ambulante privo di licenza, redigono un verbale di contestazione, in cui si dà conto del fatto che lo stesso sta esercitando un’ “attività di commercio, su area pubblica in forma itinerante, senza l’autorizzazione del Sindaco”. 

Tale attività è punita dalla legge (art. 29, comma 1 d.lgs.114/1998 e art. 104, comma 1 legge regionale 28/2005) con una sanzione amministrativa molto elevata: da € 2.500,00 Euro ad € 15.000,00, oltre che con il sequestro cautelare e successiva confisca amministrativa delle attrezzature e delle merci.

Entro 60 giorni, al soggetto è data la possibilità di pagare la sanzione in misura ridotta (di solito nella misura pari ad Euro 5.000,00) onde evitare ulteriori aggravi.

Se nei 60 giorni dalla contestazione, il soggetto non effettua alcun pagamento, il procedimento amministrativo segue il suo corso ed il Comune, se ritiene configurabile una responsabilità a carico del trasgressore, emana un atto formale (ordinanza-ingiunzione) con cui irroga la relativa sanzione.

Contro la suddetta ordinanza è possibile fare ricorso al Giudice di Pace entro 30 giorni.

L’ordinanza ingiunzione dovrà essere emanata dal Comune entro 5 anni dal fatto, pena la prescrizione del relativo diritto.

È importante sottolineare che la legge prevede degli strumenti di tutela a favore della persona fin dall’inizio del procedimento.

Contro il verbale di contestazione, redatto dagli agenti, si potranno presentare, di persona o – più opportunamente – tramite il proprio legale, scritti difensivi entro 30 giorni, con i quali, oltre ad esporre le proprie difese, si potrà chiedere di essere sentiti personalmente.

Quest’ultima è una strategia fondamentale perché, oltre a permettere al soggetto di spiegare le proprie ragioni, fa sì che, nel caso in cui l’Amministrazione non disponga la convocazione della persona, la sanzione dovrà essere considerata nulla.

Una volta esaurito il procedimento e trascorso il termine per la impugnazione della eventuale ordinanza-ingiunzione, non provvedere al pagamento della sanzione irrogata avrà conseguenze negative, in quanto la Pubblica Amministrazione procederà, in modo lento ma sicuro, alla riscossione coattiva delle somme dovute.

In particolare, la sanzione non pagata verrà comunicata all’ente che svolge l’attività di riscossione dei crediti per la Pubblica Amministrazione, il quale potrà agire per ottenere il pagamento della sanzione (compresi gli interessi e la mora derivanti dal non aver pagato immediatamente la multa), anche attraverso il pignoramento ad esempio del quinto dello stipendio.

Quanto detto riguarda tutti i venditori ambulanti che esercitano l’attività senza l’autorizzazione comunale, ma in concreto interessa prevalentemente persone che, anche per ragioni di sopravvivenza, violano la legge vendendo beni di scarsissimo valore (pensiamo a fazzoletti, accendini, calzini, racchette anti zanzare ecc.).

Diversa è la situazione qualora il venditore metta in commercio oggetti contraffatti.

In questo caso la condotta di vendita di merce contraffatta (come borse e portafogli) o senza il contrassegno SIAE (DVD, CD), oltre a dar luogo alle conseguenze amministrative finora descritte,  ha anche un rilievo penale, dal momento che può integrare vari reati.

Più specificamente, la vendita di oggetti taroccati comporta una imputazione per i delitti di “contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni” (art. 473 c.p.), punito con la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni ed una multa che va da € 2.500 ad € 25.000;  di “introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi” (art. 474.2 c.p.)  e di “vendita di prodotti industriali con segni mendaci” (art. 517 c.p.), entrambi puniti con la reclusione fino a due anni e con la multa fino ad € 20.000.

La vendita di DVD o CD privi di contrassegno SIAE comporta la violazione dell’art. 171-ter L.n. 633/1941 (Legge sulla protezione del diritto d’autore) che prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni oltre che una multa da € 2.582,00 a € 15.493,00.

Tali delitti possono inoltre concorrere con il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), il quale punisce con la reclusione da due a otto anni e con la multa da € 516 a € 10.329, chi acquista, riceve od occulta cose provenienti da altro delitto. 

La ricettazione è attribuita in quanto si ritiene che l’ambulante sia consapevole della falsità dei marchi dei prodotti venduti.

Qualora l’ambulante sia un cittadino extracomunitario munito di regolare permesso di soggiorno, la condanna per i suddetti reati comporta la revoca di tale permesso e, conseguentemente, l’espulsione dal territorio nazionale.

Viceversa, qualora il cittadino sia privo di un regolare permesso di soggiorno, sarà identificato e ne verrà disposto l’immediato allontanamento dall’Italia.

Infine, per quanto riguarda gli acquirenti finali di merce o CD e DVD contraffati, è importante evidenziare che è  “considerato acquirente finale solo ed esclusivamente colui che acquisti il bene contraffatto per uso strettamente personale, e, quindi, resti estraneo non solo al processo produttivo ma anche a quello diffusivo del prodotto contraffatto: di conseguenza risponde del delitto di ricettazione chi, acquistando un bene contraffatto, contribuisca alla ulteriore distribuzione e diffusione di esso in quanto non lo destina a sé, ma ad altri, essendo irrilevante se l’ulteriore distribuzione avvenga a titolo oneroso o gratuito” (Cass. Sezioni Unite, n. 3000/2016). 

In pratica, l’acquirente finale (e solo lui) non risponderà penalmente, ma subirà una sanzione amministrativa che può arrivare nel massimo fino ad € 7.000,00, come previsto dall’art. 1, comma 7 del D.L. n. 35/2005.

Da ciò consegue che è vivamente sconsigliato acquistare merce falsa sia per la violazione dei marchi sia per evitare di incappare in multe assai cospicue.

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