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Angolo dell'avvocato

Angolo dell'avvocato

A cura di Lucrezia Baldini & Francesco Vignali

Moltitudine di avvocati: come sceglierlo?

Quali sono gli aspetti da valutare per la scelta del professionista di fiducia?

Con 12.575 iscritti, la Toscana è tra le prime dieci regioni d’Italia per numero di avvocati, la Regione conta un numero di avvocatesse superiore a quello dei colleghi maschi, 6418 contro 6187.

Questo quanto emerge dai dati della Cassa Forense, letti e analizzati da ASLA (Associazione Studi Legali Associati) in occasione del lancio di “ASLA Diritto al Futuro”, il primo evento in Italia dedicato agli avvocati del futuro che si è svolto a Palazzo Mezzanotte a Milano il 18 maggio.

L’Ordine che conta il maggior numero di professionisti è quello di Firenze, circa un terzo del totale regionale con 4449 iscritti. Seguono a distanza Pisa (1439) e Lucca (1206).

Ebbene, l’elevato numero di professionisti non deve trarre in inganno il cliente facendo ritenere il profilo economico l’unico criterio guida nella scelta del proprio avvocato.

Indubbiamente, in un sistema di libera concorrenza i professionisti hanno la facoltà di quantificare le proprie prestazioni come ritengono opportuno, anche a fronte dell’abolizione delle tariffe forensi e dei relativi minimi obbligatori. Ciò, però, non ha eliminato la determinazione della “parcella” secondo parametri di legge (attualmente previsti dal D.M. 55/2014 e periodicamente aggiornati) nei loro valori minimi, medi o massimi, in base alla tipologia di attività svolta.

Il cliente troverà sempre un professionista più o meno economico, a parità di prestazione. Tuttavia, non bisogna sottovalutare due elementi fondamentali nella scelta dell’avvocato di fiducia.

Innanzitutto, ogni fatto è diverso dall’altro, ogni situazione del cliente è diversa da quella dell’amico o del parente. Ciò significa che all’interno di un’unica tipologia di attività vi sono infinite ipotesi concrete di atti da compiere, diversi in base alla singola fattispecie. Da questa precisazione consegue che non è opportuno scegliere il professionista di fiducia sulla base della sola dimensione economica del compenso che quest’ultimo può aver richiesto ad altre persone che lo consigliano, proprio perché il caso del conoscente può essere stato diverso ed aver implicato un grado di attività maggiore o minore del proprio.

Inoltre, il criterio del compenso più basso non è un buon elemento per la scelta del proprio avvocato. Un onorario troppo basso può, infatti, non dare al professionista la necessaria “tranquillità” per dedicarsi ad una pratica con la doverosa (deontologicamente e non solo) attenzione e cura.

Sull’importanza di non screditare la propria attività con onorari eccessivamente bassi si è, peraltro, pronunciato recentemente il Consiglio Nazionale Forense (o CNF), supremo organo di rappresentanza dell’Avvocatura, il quale, richiamando anche pronunce della Corte di Cassazione (es. Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza del 21.10.16), in varie decisioni disciplinari relative ad avvocati ha affermato che i compensi irrisori costituiscono una forma di lesione della dignità e del decoro della professione, poiché tale prospettiva viola il principio della retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro, ma, soprattutto – dal punto di vista del cliente – non è opportuna in quanto lesiva della funzione dell’avvocato, ossia la tutela dei diritti e delle libertà costituzionalmente garantiti.

In conclusione, non bisogna scambiare i 5 minuti su internet del profano non tecnico con i 5 anni di università (oltre naturalmente agli anni di pratica professionale e ad un esame di abilitazione di indubbia difficoltà) del professionista, ma dare il giusto valore, anche economico, alla sua attività, perché solo tale valore sarà garanzia di libertà intellettuale e serenità di lavoro per il professionista e, quindi, di adeguata tutela per l’assistito.

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