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Venerdì, 19 Aprile 2024
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“Solidarietà europea dal basso e senso di comunità in campo per battere la crisi”

Parla Luca Menesini, sindaco di Capannori, città toscana che ha dovuto affrontare uno dei primi cluster di coronavirus. Donazioni da tutta Europa consentirono di comprare mascherine e forniture mediche

“Cittadini stranieri, magari tramite un contatto lucchese o capannorese, hanno dato un grande contributo”. A ricordare la fase più acuta della crisi del Covid-19 è Luca Menesini, sindaco di Capannori, cittadina in provincia di Lucca. La scelta di aprire una raccolta fondi per acquistare mascherine e dispositivi sanitari, che in quel momento erano come acqua nel deserto, venne premiata dalle tante donazioni “arrivate da tutta Europa”, sottolinea il sindaco, ancora oggi con un certo stupore. Coi 70mila euro raccolti, i capannoresi hanno avuto accesso a “4mila mascherine, 142 tute protettive, 25 termometri a infrarossi senza contatto, e tante altre apparecchiature da usare in ambito ospedaliero e sanitario”. Un gesto di solidarietà europea che, assieme ai servizi sociali, hanno permesso di superare il momento più difficile. 

Signor sindaco, come è iniziata la pandemia nella città di Capannori?

La crisi del Covid è cominciata con la comunicazione dell’azienda sanitaria locale di un primo positivo, un signore di meno di sessant’anni che, dopo tanti mesi di sofferenza, non si è più ripreso ed è deceduto. Dal secondo caso è nato quello che oggi si chiama un cluster (un contagio di gruppo, ndr). Accadde durante una cena il 21 febbraio 2020, lo stesso giorno della scoperta del ‘paziente 1’ a Codogno. Era una cena tra imprenditori, alcuni dei quali erano appena tornati da una fiera a Milano. Si diffuse un focolaio importante, che ha portato a diversi contagi tra le persone presenti e tra le rispettive famiglie e si registrarono diversi decessi. Mesi dopo, quella cena è stata oggetto di studio.

Su cosa?

Ci è servita per capire la dinamica del contagio e ha portato a un provvedimento per l’areazione dei locali. Benché ci fosse il virus, le persone vicine a una finestra o una porta sono state contagiate molto meno. Oltre alle distanze e alle mascherine, è stato subito stabilito l'obbligo di areare i locali chiusi, dalle scuole agli uffici pubblici.

Come è intervenuta la sua amministrazione per affrontare la prima fase della pandemia?

In quel periodo c’era necessità di dare informazioni e si è visto come i cittadini si siano fidati dell’amministrazione pubblica. Il mondo si è ristretto e racchiuso in un senso di comunità. Per questo abbiamo promosso diverse azioni di solidarietà, sia di colletta alimentare che di impegno della protezione civile su tutto il territorio, con assistenza anche psicologica, oltre che materiale e sociale. 

Chi si è rivolto ai servizi di assistenza psicologica? 

Persone di tutti i tipi, inizialmente i cittadini colpiti direttamente dal virus o che avevano un famigliare in ospedale e non si davano pace perché non potevano neanche vederlo. Poi abbiamo assistito anche persone in situazioni di fragilità che, di fatto, sono degenerate durante la crisi. Da questo punto di vista tutt’ora continuiamo a dare sostegno. Poi ci sono persone impaurite che mi chiedono di chiudere tutto. E questi sentimenti, che vedo anche tramite i miei canali social, sono gli umori del Paese. 

Quali danni sociali ha portato questa crisi nella città di Capannori?

La prima conseguenza è il fatto che la comunità si disgrega, e lo dico da sindaco che ha sempre lavorato molto sul senso di comunità, che va coltivato ogni giorno tramite incontri, momenti conviviali e culturali, e via dicendo. La disgregazione porta a un’altra conseguenza: la solitudine. E lì chi sa arrangiarsi ce la fa, ma altre persone si chiudono in se stesse e questo porta a un contesto preoccupante anche dal punto di vista psicosociale. Vedo giovani che si scoraggiano perché non trovano lavoro, non sanno dove sbattere la testa e non hanno quella linfa quotidiana del vedersi e frequentarsi. Poi ci sono anziani che non escono più di casa. Oltre alla paura che serpeggia, c’è anche la sbruffonaggine di certe persone che sfidano il virus nel modo sbagliato. Infine, ci sono le conseguenze economiche, con interi settori in grande sofferenza e ambiti di economia drogata da sussidi e blocchi dei licenziamenti. 

Che ruolo avranno le amministrazioni locali nella gestione del piano Next Generation EU (meglio noto in Italia come Recovery Fund)? 

Io penso che possano giocare ruolo fondamentale, perché la qualità della vita dei cittadini si misura nel contesto locale. Ci sono molte questioni legate all’istruzione, alle infrastrutture, alle infrastrutture digitali, alle attività sportive e via dicendo. Servizi che cambiano la vita dei cittadini. Un territorio è valutato per la qualità della vita anche in funzione dei servizi pubblici e in questo caso sono tutti di derivazione comunale. Il ruolo delle istituzioni locali lo conosceremo solo con la nuova bozza del Governo Draghi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Noi stiamo chiedendo di essere coinvolti, però non c’è ancora chiarezza su questo. In più oggi il Covid ha amplificato le disuguaglianze, non solo quelle soggettive tra persone, ma anche tra territori. L’impegno delle amministrazioni pubbliche diventa anche la lotta a queste disuguaglianze, perché altrimenti se tutti i fondi li concentriamo sulla grande città, le differenze si amplificano. 

Quali sono i suoi temi prioritari?

Prima del Covid, il grande tema europeo era quello del Green Deal, quindi della lotta al cambiamento climatico e di un nuovo input dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Un tema che adesso è ancora più importante di prima. Io non sono tra quelli che dicono che c’è un rapporto tra inquinamento dell’aria e diffusione del Covid, però c’è sicuramente un'interrelazione tra l’inquinamento dell’aria e la fragilità dei cittadini al Covid. Dove c’è un inquinamento superiore, il virus ha picchiato più forte, questo è evidente. E noi siamo una di quelle zone sotto procedura sanzionatoria della Corte Ue per superamento dei limiti di emissioni. La Piana di Lucca è una piccola Pianura Padana. Se vogliamo cambiare, dobbiamo investire pesantemente sulle comunità locali. 

Oltre ai fondi per la ripresa, cosa si aspetta dall’Europa?

Soprattutto la campagna di vaccinazione. L’Europa ha reagito al Covid in maniera scomposta, io sono venuto a Bruxelles il 27 di febbraio e mi sono sentito un appestato, ed è stato brutto per un’europeista come me. Poi ho visto in maniera positiva il lancio del Next Generation EU e questa è stata una cosa molto bella, unita all’attenzione che questo piano ha attirato nel nostro Paese. Ho visto un’Europa che ha ritrovato il senso dello stare assieme, anche con l’armonizzazione delle politiche sanitarie, e questo è molto positivo. Però oggi, dal mio punto di vista, riviviamo un momento di crisi dovuto alla questione della campagna vaccinale e ai dati che vediamo in altri Paesi occidentali, come l’Inghilterra e gli Stati Uniti. L’Europa deve essere vista come un’opportunità fino in fondo e su questo si gioca la campagna vaccinale. 

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