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La "Fiorita" di Savonarola: la storia del celebre frate domenicano

Autore di prediche accese e potenti, Savonarola fu uno dei protagonisti della Firenze del '400: ancora oggi, la città ricorda ogni anno la sua morte con la cerimonia della "Fiorita" del 23 maggio

La Firenze di fine Quattrocento non fu solo quella delle feste carnevalesche, dello splendore artistico, della vita sfarzosa delle classi più ricche.

Fu anche quella dell'accesa predicazione di Girolamo Savonarola, dei roghi delle “vanità” in cui si bruciavano in piazza libri e disegni ritenuti pagani, di movimenti che mettevano sotto accusa la corruzione delle casate più abbienti e della Chiesa stessa.

Frate domenicano nato a Ferrara nel 1452, Savonarola si stabilì a Firenze nel 1489 e divenne divenire priore di San Marco nel 1491. Svolse un ruolo di primo piano nella vita fiorentina di fine Quattrocento: autore di prediche accese e potenti che lo resero popolare negli ambienti fiorentini, Savonarola divenne il più fervente sostenitore di una riforma morale e religiosa.

Un rinnovamento profondo e radicale, in virtù del quale si prometteva a Firenze di «assurgere a centro irradiante della rinascita religiosa dell'Italia contro la insopportabile corruttela ecclesiastica».

In seguito alla morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492, il frate accentuò la sua lotta antiprincipesca, prendendo una netta posizione contro la tirannide e il potere signorile.

Il rogo di Savonarola

Dopo la cacciata di Piero de' Medici nel 1494, divenne uno dei protagonisti della vita politica della città, ispirando la nuova costituzione della repubblica varata l'autunno di quello stesso anno.

Il frate sollecitava la partecipazione del popolo alla vita cittadina, ma incontrò l'opposizione delle casate fiorentine e del papa Alessandro VI della famiglia Borgia.

Come sottolinea Niccolò Machiavelli in un celebre passo de “Il Principe”, egli conobbe la sua rovina proprio durante la repubblica da lui stesso ispirata: abbandonato da parte dei suoi antichi sostenitori e scomunicato nel 1497, fu mandato al rogo come eretico l'anno successivo in piazza della Signoria insieme ai suoi confratelli Domenico Buonvicini e Silvestro Maruffi.

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