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Politica

Volumi Zero: asili, caso Fortezza e la mancata occasione di Novoli

Il Presidente dell'Ordine degli Architetti spiega, a dir suo, i motivi della mancanza di progettualità del Volumi Zero di Firenze, come nel caso degli asili. Poi a ruota sulla Fortezza e la chance mancata di Novoli

Voi dite quindi che questo Piano manca di un analisi strutturale di orizzonte?
Le esigenze della città, per fortuna sono come l’acqua, non restano ferme, si insinuano nelle cavità. Se manca un asilo, l’asilo andrà costruito, altrimenti mamme e famiglie andranno, loro sì, a bussare ai portoni di Palazzo Vecchio chiedendo spiegazioni. Certi bisogni vanno soddisfatti, il piano non parte da questo presupposto. Abbiano continuamente detto che prima di stabilire un piano bisognerebbe aver chiaro dove si vuole andare, in che direzionare. L’amministrazione ha tutto il diritto delle scelte, ci mancherebbe, questo è il ruolo della politica. La scelta tuttavia deve essere estrinsecata, deve essere palesata, visibile.

Secondo l’ordine, quindi, lo slogan oscurerà la definizione della città.
L’ho detto: non c’è una progettualità chiara, visibile, di lungo periodo. Bisogna capirsi, un piano strutturale non può partire dal presupposto dei volumi, ma deve muoversi su una piattaforma di idee; anche politiche, ed è legittimo che sia così. Ci sono piani che si muovono legittimamente sul campo delle liberalizzazioni, altri scelgono le collettivizzazione; le idee vanno tutte bene. Dietro di esse però la politica palesa la sua intenzione direzionale, la propria idea di città, dal turismo allo sviluppo tecnologico, dalle aziende al paesaggio, all’Università. Breve inciso: l’Università non è citata tra i caposaldi del Piano, dimenticando che si tratta di una dei volani economici, sociale e culturali della città. Ritornando al discorso delle scelte si sarebbe potuto legittimamente dire, per esempio e per entrare nel concreto, che Firenze ha una vocazione universitaria. A questo punto il progetto si sarebbe strutturato, in questo senso, attorno all’Accademia. Ho fatto un esempio per far capire cosa intendo quando parlo di scelta di fondo, di direzione. Questo piano invece si occupa solo di dire costruisco o non costruisco. Pensiamo che prima va definita la scelta della città, poi va fatta comprendere al cittadino, infine va tradotta in un progetto urbanistico. In questo Piano questo passaggio non l’abbiamo visto.

Caso Fortezza. Regione, Provincia e Comune presentano il progetto. Il giorno dopo Stella Targetti, la vice presidente della Regione, lancia l’allarme, dubita sull’opportunità di un progetto “fatto in casa”. Vi siete subito accodati a queste parole; è montata la polemica: da molte parti è stato rimarcato la bontà del progetto. Barducci ha accusato che dietro la vostra presa di posizione c’è una sorta di interesse mal riposto, una sorta di tiro alla casse degli enti pubblici senza entrare nel merito, ed ha rilanciato la centralità degli uffici pubblici. Oggi cosa vi sentite di dire?
Il problema, per come è emerso, è assolutamente mal posto. Nessuno ha mai messo in discussione la capacità e la professionalità dei colleghi che progettano all’interno delle amministrazioni pubbliche, che oltretutto sono iscritti all’ordine. E d’altra parte non abbiamo mai discusso la bellezza del progetto, non è questo l’argomento. Il punto su cui noi ci siamo spesi è questo: la città di Firenze, che ha fatto il primo concorso durante il Rinascimento per la ricostruzione del Duomo, è disponibile ad usare delle occasioni nodali, strategiche, dal punto di vista simbolico come rilancio architettonico oppure preferisce risparmiare? Poi chi ha detto che così si risparmia, rispetto a quali parametri, a che cosa? Inoltre c’è da fare una considerazione: un concorso di progettazione ha una ricaduta economica reale. A volte investire nell’architettura, anche da un punto di vista mediatico, ha una vera conseguenza economica. Il Guggenheim di Bilbao è stato fatto con un concorso, semmai non in linea con i nostri principi, comunque il progetto ha dimostrato che investire in architettura può far fare salti di qualità alla città. Firenze ha tutte le caratteristiche per introdursi in questa scia, ma deve usare le occasioni che ha per rilanciarsi a livello internazionale. Il caso di Novoli dice chiaramente che le occasioni ci sono state, ma la città non ha giocato da grande player, per mille ragioni, ed alla fine le cose sono state fatte un po’ così; la riprova è che nessuno prende l’aereo da New York per vedere Novoli, viceversa ci sono tantissime persone che si recano a Bilbao per vedere il Guggenheim.

Per Novoli cosa intende, il tribunale, il parco di san Donato e l’Università?
Si tutto questo; quell’area poteva essere un’occasione strategica che avrebbe potuto rilanciare Firenze ai vertici internazionali dal punto di vista della progettazione architettonica contemporanea. La città avrebbe avuto tutti i presupposti e la visibilità per farlo, molto più di Bilbao.

Quindi allora, sulla Fortezza, qual è la cura dell’Ordine?
La Fortezza ha un fortissimo segno nel tessuto della storia architettonica, non solo fiorentina ma nazionale. Alla base della sua riqualificazione doveva esserci un concorso vero. Per altro, persone all’interno, mi dicono che all’inizio era questa l’idea: l’attuale progetto doveva rappresentare una sorta di prima scrematura, una specie di studio di fattibilità richiesto dalla proprietà (Regione, Provincia, Comune) per capire dove andare a parare. A questo punto auspichiamo che svoltosi questo primo passaggio di verifica, lo step successivo sia quello di un concorso internazionale. Chiariamoci, senza la procedura dell’invito; un concorso anonimo al quale può partecipare tutto il mondo. Visto il soggetto parteciperebbero progettisti da ogni parte del globo. Nell’interesse della città è meglio selezionare il miglior progetto tra centinaia di belle opere, oppure scegliere la linea del risparmio fai da te? E questo, sia chiaro, non vuol mettere in dubbio la professionalità dei colleghi che lavorano nelle varie amministrazioni.

Forse le istituzioni, tra la pensilina  Isozaki e la stazione Foster, si sono sentite accerchiate. Ultimamente i grandi nomi sono sinonimi di grandi polemiche.
Sono esempi sbagliati, viziati dal concorso che è stato scelto, ovvero ad invito. Ripeto, noi ci stiamo battendo per un vero concorso di progettazione, anonimo. Poi possiamo decidere che per far questo c’è il bisogno di un percorso partecipato, oppure dirigersi in altre opzioni. Possiamo discutere sugli strumenti che servono a ricercare e stabilire tutto quello che è necessario ed utile, l’importante è che alla fine venga premiato il lavoro migliore per il bene di Firenze.
 

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