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Renzi-De Benedetti, la telefonata e l'affare sulle banche popolari

Hanno infiammato la polemica gli atti depositati in Commissione dalla Consob. Ipotesi "insider trading"

C'è una telefonata che ha fatto tornare sotto i riflettori, nonostante la Commissione banche abbia chiuso i battenti prima di Natale, i rapporti fra il mondo politico e quello della finanza. A renderla pubblica sono gli atti che la Consob (l'organismo di vigilanza sulla borsa) ha depositato proprio in commissione d'inchiesta.

I protagonisti sono Matteo Renzi e Carlo De Benedetti. L'allora premier rassicurò l’imprenditore ed editore di Repubblica che il famigerato decreto del 20 gennaio sulle banche popolari sarebbe stato varato. E così fu. De Benedetti dopo la telefonata e prima che la notizia divenisse di dominio pubblico, investì 5 milioni di euro in azioni di banche popolari, guadagnando poi circa 600 mila euro, secondo le ricostruzioni.

I magistrati hanno sollecitato l’archiviazione dell’inchiesta avviata tre anni per insider trading, ma - in attesa che il giudice decida se accettare la richiesta dei pm - la polemica politica si è infiammata. Entrambi si sono difesi sostenendo che non vi sia stato alcuno scambio di informazioni privilegiate. "Tutto quello che ho fatto sulle popolari è pubblico e lecito", si è difeso Renzi.

La vicenda però ha riportato all'attacco le opposizioni, con il Movimento 5 Stelle in testa. Per il candidato premier Luigi Di Maio quello che è accaduto è "scandaloso". Alla carica anche Silvio Berlusconi, che parla di conflitto di interesse così evidente che "il mio a confronto fa sorridere. Se fosse capitato a me - aggiunge il Cavaliere - sarei già in croce". Sinistra Italiana parla di "soffiata gravissima", Fratelli d'Italia pretende che si facciano "i nomi e i cognomi di chi ha guadagnato dai provvedimenti dei governi della sinistra".

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