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Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica Scandicci

Il sindaco di Scandicci su servizi comunali a rischio e vendita Ataf

Il sindaco Gheri parla di sprechi, costi e rischi per il suo Comune nel post-manovra. Sul caso dipendenti-Fantozzi: "Il nostro compito è motivare il personale a dare il meglio"

Dall’Ataf, ai referendum, passando per la tramvia, la polemica tra Renzi ed i dipendenti pubblici definiti “Fantozzi”, la manovra di Tremonti e la richiesta al PD di azzerare i privilegi della casta. Proprio da quest’ultimo punto comincia la nostra chiacchierata con il sindaco di Scandicci Simone Gheri. Sindaco lei ed altri 19 sindaci avete inviato una lettera al segretario Bersani in cui chiedete un’azione concreta contro i privilegi della politica, della casta. C’è di mezzo la crisi, la rabbia dei cittadini, ed anche il mancato voto sulle Province.

LEGGI LA SECONDA PARTE: TRASPORTI, SERVIZI COMUNALI A RISCHIO  E LA QUESTIONE DEI DIPENDENTI-FANTOZZI

Ma in pratica cosa chiedete e come rispondete a coloro che vi potrebbero accusare di montare sul cavallo dell’antipolitica?

E’ proprio per non far crescere l’antipolitica che chiediamo al PD di andare avanti sulla strada che ha iniziato ad intraprendere con il segretario e la direzione. C’è un ordine del giorno in cui si dice “togliamo i privilegi e torniamo alla sobrietà”, la lettera si inserisce in questa direzione. Noi sindaci siamo costantemente in contatto con i cittadini, misuriamo quotidianamente il polso della situazione, lo facciamo più di altri che sono, oggettivamente, più lontani. Chiediamo solo di proseguire su questa strada. Ridurre i privilegi, senza fomentare o accrescere derive populiste, ma semplicemente, in questo momento, di fronte ad una manovra che richiederà sacrifici a tutti, mi sembrava non opportuno ma necessario che la politica desse un segnale. Qualcosa si è fatto, battiamo i pugni ed impegniamoci perché emergano anche queste proposte alle città. Se venti sindaci sentono il bisogno di scrivere una lettera con questi contenuti,
per il partito deve essere un campanello di allarme. Se il PD non riesce a percepire questi temi, non si può pretendere che l’elettore, il simpatizzante, riesca a comprendere quello che facciamo. Dobbiamo essere più netti, e dobbiamo agire con più forza.

Al Palacongressi Bersani parlò di una dieta della politica, ma di carattere generale, dall’alto ma anche dal basso.
Certo, una dieta che deve rappresentare il ridisegno dell’assetto istituzionale. Ho detto in Toscana facciamoci paladini di questa operazione, riduciamo le Province da 10 a 3. Sul piano generale dobbiamo fare un’operazione che parta dal Parlamento: via il bicameralismo perfetto, una camera che legifera e l’altra che si occupa solo di determinati temi, ed al contempo una drastica riduzione del numero dei parlamentari. Possiamo proporla noi, possiamo portarla al voto in Parlamento? Poi si sarà sconfitti, saremo in minoranza ma facciamo il modo che il Parlamento voti le nostre proposte.

A proposito di voto, quanto tempo darete al PD per produrre la proposta contenuta nella vostra lettera, prima di organizzare la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare?
Diamo un po’ di tempo, l’iniziativa è partita da pochissimo, qualche settimana; dopodiché se il partito non dovesse prendere un’iniziativa soddisfacente insieme agli altri faremo il punto della situazione e decideremo come muoversi. La nostra gente, non l’antipolitica, apprezza che noi si batta un colpo.
Consiglio all’onorevole Sani, che in una dichiarazione ha affermato che noi facciamo dell’antipolitica, di sentire di più la gente, i nostri iscritti, coloro che ci votano. Vede c’è sempre chi vi accuserà di sfruttare il cavallo vincente.
Siamo venti sindaci, non è un’iniziativa personale, non sottovalutiamolo. Di fronte a questo, parlare di antipolitica è la classica reazione di una casta. Siccome penso che non lo sia allora cominci a dare segnali per dimostrarlo.

Da più parti in Toscana, dall’Anci, alla Regione con Enrico Rossi in testa, le critiche alla manovra di Tremonti sono fortissime. Per una realtà come Scandicci cosa cambierà in negativo, avete già iniziato a lavorare sui settori maggiormente colpiti?
E’ chiaro che si mettono a rischio i servizi; per esempio dobbiamo valutare se riusciremo a confermare tutta l’offerta degli asili nido e delle scuola materne che abbiamo; dobbiamo valutare se riusciremo a tenere aperta tutta la settimana la biblioteca. E soprattutto per ora, per via del patto di stabilità, la parte
più colpita, che ne risentirà maggiormente, sarà l’impossibilità di fare investimenti e di questo ne risentirà tutta la collettività: più buche nelle strade, meno manutenzione nelle scuole, meno opere che vanno avanti.
Se c’è da rimettere in sesto un paese, prima si lavora in questa direzione, dopo si può operare sul terreno dell’alleggerimento fiscale, che tutti vogliamo sia fatto, ma non all’arrembaggio, non senza avere un quadro della situazione dei conti. Ed infatti sono stati costretti a fare una manovra tutta tagli e nessun elemento incentivante per la ripresa. Se qualche anno fa, senza fare demagogia, avessero iniziato ad affrontare con vero senso dello Stato e delle istituzioni le problematiche, forse non saremmo giunti dove oggi; certo con la loro cura di destra, ma almeno con una cura. Invece non c’è stato nessuna cura, solo l’aumento della spesa pubblica.

Bersani si lamenta che poi sarete voi a metterci la faccia.
Ormai lo facciamo da un po’ di anni, ed in parte lo facevamo anche quando eravamo noi al Governo, tuttavia cercavamo di tutelare alcune politiche. Mi riferisco a tutte quelle politiche sociali che tengono insieme o almeno cercano di sostenere coloro che altrimenti correrebbero il rischio di finire fuori dalla
società. La manovra in questo senso ci mette in grave difficoltà. Ne è un esempio le sette famiglie che hanno fatto ricorso al Tar contro il sostegno, al fianco delle quali ci siamo anche noi. E’ inammissibile che riducano gli insegnanti di sostegno e poi debba intervenire il Comune in quella che è una funzione dello
Stato. Volete che interveniamo, dateci un altro po’ di soldi, altrimenti non ce la facciamo a reggere.

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