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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Attacco alla scuola primaria: per 4500 bambini salterà il tempo pieno

Il sindacato protesta contro i tagli della riforma Gelmini: saranno 917 le cattedre a saltare, 358 solo quelle d'inglese. Fuori anche il tempo pieno di cui non potranno beneficiare circa 4500 bambini

La pesante dieta imposta dalla riforma Gelmini e i tagli del ministro Tremonti al settore pubblico e alla scuola continuano a farsi sentire. Sono 87.332 i posti docenti tagliati a livello nazionale nel triennio 2009-2011, come previsto dal piano attuativo della riforma per le scuole primarie e secondarie.

Toscana. Tradotto nelle realtà regionale significa che nel prossimo anno, in Toscana, saranno sottratte 917 cattedre, di cui 506 solo nella scuola primaria (tra questi non saranno riconfermati 358 insegnati di lingua inglese). A questi numeri vanno sommati i 737 posti ricoperti dal personale Ata che il prossimo anno non faranno più parte del mondo professionale che ruota attorno al funzionamento della scuola.

C’è di più: per l’anno scolastico 2011/2012 a 181 classi regionali non è stato assegnato il tempo pieno. Facendo un rapido calcolo, ad una media standard di 25 alunni per classe, circa 4.500 bambini della scuola primaria il prossimo anno scolastico non potranno beneficiare delle 40 ore previste dal tempo pieno. A denunciarlo questa mattina è stata la FLC Cgil Toscana con un sit-in di protesta difronte all’Ufficio Scolastico Regionale (USR).
“Siamo qui a presidiare presso l’USR – ha detto il segretario regionale FLC Cgil Mauro Darcangelo – perché vogliamo chiedere che i tagli al personale non interessino la scuola primaria, poiché riteniamo questa fase fondamentale della formazione un presidio alla democrazia. Di fatto è nella scuola primaria che il ragazzo iniziano un percorso da cittadino. Le riduzioni dei docenti hanno interessato fortemente questa settore della scuola nel momento stesso in cui molte richieste di tempo pieno non sono state soddisfatte”.

Capitolo provincia di Firenze.  Delle 181 nuove richieste per il tempo pieno bocciate, 38 sono solo nella provincia di Firenze, 20 in città. Anche qui applicando lo stesso conteggio numerico vengono fuori numeri importanti: circa 950 bambini della scuola primaria non fruiranno del tempo pieno. E’ chiaro che dietro questi numeri all’apparenza freddi, appaiano sbiadite tematiche sociali, familiari e lavorative spesso molto complicate.
“Oggi siamo dalla dottoressa Palamone (la direttrice dell’USR toscano) – afferma Alessandro Rapezzi, segretario della FLC Firenze – per chiedere l’integrazione al tempo pieno di tutte le 181 richieste respinte”. Il grido di denuncia del sindacato vuol evidenziare i pericoli che le famiglie fiorentine e toscane rischieranno di affrontare dal prossimo anno scolastico: “nella sola provincia di Firenze – continua Rapezzi – sono 38 le classi che non beneficeranno della copertura del tempo pieno; saranno classi attive, è chiaro, ma con moduli di 27 ore settimanali; una differenza enorme rispetto alle richieste delle famiglie, che, con questi tagli, saranno costrette ad affrontare situazioni sempre più ingestibili se non attraverso scelte davvero dolorose. Per non parlare del diritto alla formazione del cittadino – alunno che chiaramente risentirà delle pesantissime carenze strutturali del sistema scuola”.
La Cgil mette l’accento su tutta una serie di temi sociali che si legano a doppio filo con i tagli alla scuola; mobilità: studenti e genitori saranno sempre più pendolari; babysitter: aumenteranno le spese per le famiglie che dovranno organizzarsi privatamente durante la giornata lavorativa; lavoro: c’è il rischio, per tutte quelle famiglie che non hanno la fortuna di avere una rete di parenti che possano farsi carico dei propri figli nelle ore pomeridiane, che un genitore sia costretto a lasciare il posto.
Scuola per l’infanzia. I tagli non interessano la scuola per l’infanzia, ma la Cgil avverte che anche su questo fronte il pericolo è dietro l’angolo. Infatti le richieste aumentano, e le assunzioni sono bloccate. Sono 228, allo stato attuale, i posti ricoperti nelle scuole materne non stipendiati dal ministero ma retribuiti dalla casse regionali. Se il rubinetto della regione dovesse chiudersi, ai bambini in questione non sarebbe garantita la scuola dell’infanzia.
 

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