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Meno lavoro, credito e sportelli: arriva lo sciopero dei bancari

Dalla Toscana a Ravenna sotto la sede del presidente dell'Abi Patuelli per protestare contro la disdetta del contratto nazionale. In Regione giù l'occupazione e meno sportelli. E il credito sprofonda a meno 15 miliardi in 3 anni

Contro la disdetta del contratto nazionale da parte dell’Abi e “l’egoismo” dei banchieri, otto sigle sindacali- Fisac Cgil, Fabi, Fiba Cisl, Uilca, DirCredito, Unisin, Ugl, Sinfub- hanno proclamato per venerdì 30 gennaio lo sciopero unitario dei bancari. Quattro le città in cui oltre alla protesta sono previste manifestazioni: Milano, Roma, Palermo ma soprattutto Ravenna, sede della Cassa di Risparmio di Ravenna S.p.A, guidata da Antonio Patuelli, il presidente di Abi, la meta scelta (via pullman) dalle delegazioni delle province toscane.

“Quello che noi rivendichiamo attraverso questo sciopero- spiega Anna Maria Romano, segretaria regionale Fisac Cgil-, cioè un contratto nazionale, è l’idea che attraverso noi si possa tutelare il lavoratore che perde il posto in quell’impresa costretta a chiudere perché gli è negato il credito”. Per Donatella Daini, segretario provinciale di Ugl, non si tratta di “lottare per 100 euro in più o in meno, ma di conservare il contratto collettivo nazionale. E in questo chiediamo che la banca torni a fare la banca, ridando sostegno alle imprese, in modo che il lavoro possa ripartire. Stiamo rischiando di sparire come categoria per colpa dell’avidità dei banchieri e per l’indifferenza delle persone”.

Secondo i sindacati, infatti, la logica del contratto nazionale “significa maggiore tutela del cittadino, perché chi lavora nel mondo del credito non è costretto a subire un ricatto individuale”. Per questo è stato lanciato l’hashtag #sonobancario accompagnato da un’immagine simbolo: un pesce rosso “da solo impotente- sottolinea Romano- ma in gruppo, unendo le forze, può contrastare gli squali della finanza”.

E tuttavia la protesta non riguarda solo la parte contrattuale, ma una sorta di “slavina” che sta colpendo tutto il settore: secondo i dati di Banca Italia, nella regione il numero dei bancari è passato dai 27.944 del 2012 ai 26.084 del 2013.

Scorporando il dato e aggiustando il tiro, perimetrando il discorso sulle dinamiche occupazionali che riguardano le banche maggiori, i sindacati, denunciano che la flessione in corso si assesta sul meno 11%: con gli operatori del credito che in un anno (2012-2013) sono passati da 13.496 a 11.981. E il trend, dicono i sindacati, dovrebbe confermarsi anche nel 2014: “Ancora i numeri non ci sono, ma si stima un’altra diminuzione della stessa entità”.

Ma se gli addetti calano, continuano le parti sociali, diminuiscono anche gli sportelli al pubblico: “dal 2008 al 31 dicembre 2014, in Toscana ne sono stati chiusi 231 (-9%, oggi sono in tutto 2.310). A fianco della questione occupazionale, continuano, corre parallelo il tema del credito: stando sempre ai dati di Bankitalia da “giugno 2011 a ottobre 2014, in Toscana si è passati da elargire 112 miliardi di euro a 97”. E tuttavia, attacca Anna Maria Romano, segretaria regionale della Fisac Cgil, “i dati ci dicono chiaramente che se l’accesso al credito è in diminuzione, dall’altra parte crescono le richieste alle finanziarie. Sarò brutale ma, seguendo questo filone, il passo successivo è l’usura”. Per le otto sigle l’unica cifra a salire “sono le sofferenze bancarie: +11 miliardi da marzo 2009 a settembre 2014”.

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