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Bersani vince il ballottaggio, Firenze si schiera compatta con Renzi

Oltre 20 i punti separano il segretario del Pd dal sindaco. Ma a Firenze e in Toscana Renzi stravince con il 55% dei voti. E al Tgcom24: "Darò una mano da sindaco di Firenze"

“Era giusto provarci, è stato bello farlo insieme. Grazie di cuore a tutti”. Alle 20:16 di domenica 2 dicembre Matteo Renzi aveva già perso le primarie. Una resa record, figlia di una giornata nervosa. Un’ora dopo si presenta alla Fortezza da Basso con sua moglie Agnese e si congeda dalle primarie. Il discorso non è a braccio, come spesso gli capita di fare; sul palco si porta con sé qualche appunto scritto. L’impressione della sconfitta gli deve essere arrivata ben prima delle 20 di sera. Prende la parole e riconosce subito la sconfitta: “Ho appena chiamato Bersani per fargli i complimenti”, racconta Renzi ai suoi. “Si tratta – ha continuato – di una vittoria netta che nessuna polemica sulle regole può mettere in discussione. Pierluigi ha vinto, noi abbiamo perso. Buon lavoro”.

Troppo ampia la forchetta tra chi ha vinto e chi è uscito sconfitto da una settimana di fuoco. Parlare di regole sotto di 20 punti sarebbe un suicidio. Il sindaco di Firenze è il primo a saperlo. Cade ma non cerca nessun alibi e non rinnega la sua battaglia, la sua storia recente. Un pezzo di politica italiana iniziata due anni fa, quando alla Stazione Leopolda, allora a braccetto con Pippo Civati, pronunciò per la prima volta quella parola che fin da subito squarciò il dibattito politico nel Paese: ‘rottamazione’. Un lungo racconto interrotto dal verdetto delle urne. Almeno per un po’.

Ad urne chiuse, con il segretario del Pd che gli rendeva merito, c’è stata la corsa alle congratulazioni, D’Alema e Bindi in testa. Anche questo forse è lo scotto di chi, per dirla con le parole del rottamatore, vince il premio della critica e non il Festival di Sanremo. Nessuno però parli di premio di consolazione, è una medaglia che Renzi non ha intenzione di mettere al collo. Anche perché la politica prevede premi di consolazione quando si discute all’acqua di rose, senza farsi male. Renzi invece ha segnato il solco, un fossato profondo scavato a colpi di “noi e loro”. Dal 13 settembre, a Verona, fino al giorno del ballottaggio ha martellato in tv, giornali, radio e in tutte le province italiane sull’ortodossia del partito. “Io non diventerò mai come loro”, ha detto più volte. Loro hanno vinto, Renzi ha perso.

E così prende corpo, inevitabilmente, un punto di domanda grosso come una casa, peso come quel 40% dei consensi ottenuti al ballottaggio. Cosa farà Matteo Renzi da grande? Bersani lo aspetta a pranzo, sa che il sindaco è ‘portatore sano’ di consenso, quindi di voti. Il punto è quanto Renzi abbia la voglia di mettersi a sedere con l’uomo “dell’apparato”, come ha descritto fino a sabato. In ballo c’è molto della filosofia che ha portato il sindaco di Firenze a giocarsi la guida del centro-sinistra.  

FIRENZE – La risposta a caldo del sindaco tuttavia è stata netta: “Non abbiamo fatto una battaglia di testimonianza” ma “la nostra lealtà non è in discussione”. Come detto già ieri sera e come probabilmente dirà nelle prossime ore, Renzi tornerà a fare il sindaco di Firenze a tempo pieno, “il mestiere più bello del mondo” (In mattinata ai microfoni di Tgcom24 conferma: “Noi daremo una mano e per quello che mi riguarda darò una mano da militante del Pd e da Sindaco di Firenze”). E ci tornerà da sconfitto e da vincitore. Alla fine infatti il premio di consolazione è arrivato dalla Toscana (l’unica regione che è riuscito a strappare a Bersani). Primo in regione, a Firenze ed in provincia. Maggioranza assoluta con i numeri che, con una manciata di seggi che ancora devono ultimare lo spoglio, lo danno costantemente al  55% (57% in provincia di Firenze). Un tetto comune ed un problema: chi ha vinto nel Paese qui è in minoranza. Due anime di un partito lacerato, soprattutto a Firenze, che dovranno convivere con questo paradosso. E governare la città. Per farlo c’è bisogno che la maggioranza seduta sui banchi di Palazzo Vecchio sia compatta, e non presti i fianchi alle bizze. Altrimenti diventerà complicato gestire il groviglio d’anime che da secoli ‘lavora’ tra il sottosuolo e i tetti di Firenze.
 

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