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La protesta dei lavoratori delle province toscane, paura per gli esuberi

Oltre mille i lavoratori al presidio organizzato da Cgil, Cisl e Uil. "Vogliamo capire cosa dobbiamo aspettarci per il futuro". Durante la manifestazione l'incontro con Nencini

Erano oltre mille questa mattina i dipendenti di tutte le province toscane raccolti in un presidio organizzato da Cgil, Cisl e Uil. Piazza Duomo invasa e volti scuri, preoccupati. A pesare sui capi dei dipendenti del pubblico impiego l’incertezza sul loro futuro e una parola che terrorizza: esuberi. In ballo la questione della riorganizzazione istituzionale della Toscana; in pratica il riordino delle province. Da una parte le esigenze della politica quindi il dibattito sulla spesa pubblica: la razionalizzazione degli enti in questione e di conseguenza la soppressione a l’accorpamento territoriale. Dall’altra le istanze dei sindacati che questa mattina hanno chiesto un tavolo permanente tra Regione e parti sociali al fine di garantire i livelli occupazionali. “Vogliamo capire che cosa succederà a noi e agli enti per cui lavoriamo, dopo mesi ancora nessuno ci dà un’idea di cosa dobbiamo aspettarci per il nostro futuro”, ha detto Fabio Conti (Cgil), della Rsu della Provincia di Siena. Presente al presidio anche il presidente della Provincia di Firenze, Andrea Barducci: “Sono qui per condividere la preoccupazione di questi lavoratori. Occorre che le istituzioni ci dicano dove si va a parare, con questo provvedimento sulle Province, e che non sia una riforma che danneggia chi vi opera e i cittadini”.

NENCINI – Il tema delle province insomma infiamma, non solo la politica, divisa in campanilismi territoriali, ma anche i lavoratori. Per questo durante la manifestazione hanno chiesto con forza, a suon di barattoli, pentole, mestoli e trombe, un chiarimento immediato sui mesi a seguire. Così la protesta poi si è spostata negli uffici dell’assessore regionale al bilancio e ai rapporti istituzionali, Riccardo Nencini, che ha ricevuto una delegazione sindacale. “Lunedì il tema sarà trattato in consiglio regionale – ha affermato Nencini all’uscita dall’incontro – per questo i lavoratori hanno voluto anticipare i tempi, perché dall’assemblea esca fuori una posizione quanto più possibile convincente. Con le parti sociali abbiamo stabilito un cronoprogramma: nasceranno dei tavoli dove discuteremo di deleghe, funzioni, ruolo del personale. Chiederemo alle province tutti i dati di cui abbiamo bisogno e che ancora non ci sono stati forniti e quando avremo tutto, nell’arco di poco tempo, prenderemo le decisioni che dobbiamo assumere”.

RIORDINO – E lunedì prossimo sarà un giorno chiave per capire meglio la sintesi della discussione in corso. La manovra sul riassetto infatti quel giorno approderà in consiglio regionale. Sui banchi dei consiglieri due strade, quelle emerse dal Cal (Commissione per le autonomie locali) che durante i lavori non è riuscita a trovare una sintesi comune e unica tra le posizioni contrastanti. In pratica un nulla di fatto e tutti gli incartamenti rinviati alle decisioni dell’assemblea regionale. Due i documenti trasmessi: la prima ipotesi prevede l'istituzione della Città metropolitana di Firenze e di quattro province: Arezzo (se il Governo accetterà come valido il parametro della popolazione residente e non quella in base al censimento), Prato-Pistoia (in deroga alla legge nazionale), Siena-Grosseto, e un’area vasta della costa che comprenda Pisa-Livorno-Massa-Lucca. La seconda, sponsorizzata dell'Unione delle province (Upi), prevede invece la Città metropolitana più 5 province, e differisce dal primo solo per quanto riguarda la ripartizione della costa che verrebbe suddivisa in due realtà: Pisa-Livorno e Massa-Lucca. Con gli esponenti senesi, in protesta, ‘assenti’ dalla votazione finale.

La protesta dei lavoratori delle province toscane

“La preoccupazione dei lavoratori – ha sottolineato Nencini – è fondata. Tuttavia ci sono ancora dei punti interrogativi aperti. C’è la sentenza della Corte Costituzionale in arrivo (il 6 novembre). Ci sono le funzioni fondamentali delle province fissate dal governo. Quindi noi ci muoviamo tra Scilla e Cariddi. Non abbiamo un potere decisionale autonomo e pieno. Fino a che la Corte non avrà emesso la sentenza dubito che la partita possa essere considerata chiusa”.





 

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