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Presidio sotto la Prefettura di Firenze contro l’intervento militare in Siria

Un presidio sotto la Prefettura di Firenze contro le ipotesi di un intervento militare nell'area mediorientale. L'associazione Arci invita i Circoli affiliati a esporre le bandiere della pace

Un sit-in (dal titolo "Con le bombe non si risolvono le crisi") per dire no all'escalation militare in Siria. A promuoverlo per domani 5 settembre alle ore 17.30 sotto la Prefettura di Firenze (via Cavour 1) è l'Arci di Firenze assieme a Cgil – Camera del Lavoro Metropolitana, Anpi Firenze, Comitato per la Difesa della Costituzione. All'iniziativa hanno aderito, fino ad ora, PD metropolitano Firenze, Sel Firenze, PRC Firenze, Sinistra Universitaria – Udu Firenze.


I promotori del presidio, oltre ad affermare la contrarietà all'intervento militare in Siria, chiedono protezione per i profughi e per la popolazione civile siriana. Auspicano, inoltre, una tregua tra fazioni opposte e un'interposizione internazionale pacifica sotto l'egida dell'Onu, come strumento fondamentale per contribuire a portare democrazia e pace in Siria.

L'Arci ha anche invitato Circoli, Case del Popolo e SMS affiliati ad esporre le bandiere della pace.
Nei giorni scorsi, Arci Firenze e Cgil avevano diffuso un appello congiunto in cui ricordavano le ragioni della loro contrarietà alla scelta di risolvere una crisi politica e umanitaria attraverso un intervento militare.

“Venticinque anni di interventi cosiddetti 'umanitari' - si legge nell'appello - hanno dimostrato che con le bombe non si risolvono le crisi ma si aggiunge violenza alla violenza, sangue al sangue”.
Arci e Cgil giudicano inammissibile l’uso della forza in Siria e invitano il nostro paese a non partecipare a operazioni belliche o a offrire supporto logistico ad un eventuale intervento militare.

“Anche oggi in Siria – conclude l'appello congiunto - l’unica via di uscita, pur se difficilmente praticabile, è quella del cessate il fuoco, dell’arbitrato internazionale e della interposizione, della diplomazia e della pressione internazionale, per lasciare aperte al dialogo le porte che un attacco militare chiuderebbe e per sostenere e restituire la parola a coloro, donne, giovani e democratici, che avevano iniziato la rivolta popolare nonviolenta, repressa da Assad prima e travolta dal conflitto poi”.

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