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Privatizzazione Ataf, Bertinotti: "Sembra una tardiva adesione ad una moda"

Intervista esclusiva a Fausto Bertinotti. Sulla polemica per l'apertura dei negozi: "Tornate ogni primo maggio a ricordare la festa dei lavoratori". E sulla privatizzazione Ataf: "Mi sembra una tardiva adesione ad una moda"

Fausto Bertinotti ieri pomeriggio ha presentato nel suggestivo cenacolo degli Agostiniani di Empoli il suo ultimo libro “Chi comanda qui?”. A margine dell’incontro abbiamo posto alcune domande all’ex presidente della Camera dei deputati.

Allora presidente Bertinotti, iniziamo dalla cronaca: ieri l’operazione della Digos contro frange anarchiche fiorentine. Ventidue misure cautelari, settantotto complessivamente gli indagati. Dal suo punto di vista privilegiato ha la sensazione che in Toscana e in Italia si stiano riaccendendo cellule politiche deviate?
Del fatto non so nulla, e come dice il filosofo quando non si ha nulla da dire bisogna tacere. Francamente non vedo nella diffusa realtà del paese, oggi, propensioni a rischio per l’incolumità democratica della società.

Polemica sul primo maggio negato; negozi aperti nel centro di Firenze, lo strappo profondo tra Renzi e la Cgil, ed infine la legge regionale fortemente voluta dal presidente Enrico Rossi, allo studio della Giunta toscana, che garantirebbe il riposo ai lavoratori in date particolarmente evocative. Lei che idea si è fatto su questa vicenda?
Ho fatto per tanti anni, più di trenta, il sindacalista, sono un militante del movimento operaio da una vita, penso una cosa elementare: che il primo maggio ha un fortissimo valore simbolico che ha resistito anche quando o è stato oscurato o è stato represso. La sua è una lunga storia, fonda le sue radici nella fine dell’ottocento e come sempre nelle storie operaie è legata ad una lotta e ad una repressione tragicamente realizzatasi contro i lavoratori in una lontana contea degli Stati Uniti d’America; poi è diventato il primo maggio della lotta per le otto ore, trasformando i lavoratori da vittime della repressione in protagonisti della storia, una storia di emancipazione e liberazione. Non c’è futuro senza memoria, Piero Calamandrei in un famoso discorso ai giovani diceva: tornate ogni venticinque aprile sulle montagne dove è morto un partigiano perché lì è nata la nostra costituzione. Io penso si possa dire lo stesso, tornate ogni primo maggio a ricordare la festa dei lavoratori perché le ragioni di quella lotta stanno ancora davanti a noi, come si vede dalle durissime drammatiche vicende della Fiat e ancora per ultima della Bertone.

Bertinotti ad Empoli

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Il comune di Firenze sta optando per l’ingresso di capitali privati in Ataf, l’azienda pubblica che si occupa del trasporto locale. In questi giorni si sta consumando un confronto molto aspro tra Rsu, i dipendenti, ed i vertici di Palazzo Vecchio. Come giudica la scelta intrapresa dall’amministrazione fiorentina?
Intanto mi sembra una tardiva adesione ad una moda, quella della privatizzazione e della liberalizzazione nella fase ascendente della globalizzazione capitalistica. Quella fase era colpevole ma aveva dalla sua almeno l’illusione, o così la faceva credere, che attraverso la privatizzazione si riducessero i costi della pubblica amministrazione e si aumentasse l’efficienza. Oggi questa tesi è stata sbugiardata in moltissime condizioni e la crescita di movimenti, come quello per l’acqua pubblica, che hanno riconquistato l’idea del bene comune dovrebbero fare abbandonare a chiunque queste scelte.

A proposito di acqua pubblica, come giudica questo slancio politico nato attorno al quesito referendario?
Il referendum su l’acqua pubblica intanto ha già detto una cosa: il tempo con cui sono state raccolte le firme, il campo di adesioni, l’allargamento alla sensibilità, sono tra gli elementi più interessanti della difficile ed a volte drammatica fase politica che stiamo vivendo. Questa affermazione di movimenti come quello per l’acqua sono una delle pochissime speranze cui disponiamo. Per questo difendere con le unghie e con i denti il referendum è una necessità primaria. Vedo crescere molte discussioni e dibattiti sul tema, siamo alla vigilia dello sciopero generale indetto dalla Cgil, il problema che mi pongo è quello di come si può contribuire a trovare le connessioni, i legami, tra un movimento e gli altri già esistenti; ogni movimento oggi, da solo, non è autosufficiente, necessita di un dialogo continuo. Mi chiedo come questo tema dell’acqua - bene comune entri nello sciopero generale del sei maggio e viceversa, cioè come la mobilitazione generale sindacale può concorrere a questo. C’è un’unità tra i movimenti, sindacali, ora referendari, da riconquistare, come ci ha parlato la vicenda del primo maggio. Credo che questa sia la grande sfida all’ordine del giorno.
 

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