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Eugenio Giani e il doppio incarico: è bufera nel Partito democratico toscano

Presidente del consiglio comunale fiorentino, consigliere regionale, è arrivato l'aut-aut: o lascia un incarico o la sospensione per due anni. Ma Giani ha fatto ricorso alla commissione nazionale. E' stallo nel Pd

Eugenio Giani da una parte, il Pd Toscano dall’altra. In mezzo una storia tormentata e una carica di troppo. Si perché Giani a Firenze è molte cose: è presidente del Coni così come della Fondazione Casa Buonarroti. E se spostiamo il baricentro in campo istituzionale, lo troviamo seduto sia in consiglio comunale fiorentino, da presidente, sia in quello regionale. Ed è proprio per via di questo doppio incarico che il dibattito interno al Partito democratico si è infiammato. Le regole dello statuto che negano questa possibilità; Giani che non sente ragioni, che non percepisce lo stipendio dal Comune di Firenze, e tira dritto sul doppio binario.

Così durante il corso del 2012; così anche in questi ultimi giorni in cui la polemica ha ripreso fiato. A far divampare l’incendio tra le mura di casa la scelta della commissione regionale di garanzia – ovvero quell’organo deputato a vegliare su regole e etica del partito – di dimettersi in blocco. E qui la storia si fa complicata: la commissione infatti aveva pronto l’ennesima lettere di diffida da inviare a Giani. La missiva conteneva un invito categorico: dimettersi da uno dei due incarichi entro 15 giorni; pena l’esclusione dal Pd per due anni. Lettera scritta e mai spedita. O meglio spedita ma con comodo. I perché delle mancata consegna stanno proprio nel passo indietro dei garanti: è stata una scelta politica, buona per non agitare le acque già di per sé turbolente nei giorni in cui c’era da decidere sui Grandi Elettori regionali da inviare a Roma per l’elezione del Presidente della Repubblica.

C’era di mezzo un accordo che avrebbe dovuto portare Renzi a Montecitorio nei giorni dell’elezione. Intesa saltata il giorno del voto, quando l’assemblea ha rimesso in sella Monaci, il presidente dell’assemblea regionale. Renzi che attacca a testa bassa, mettendo nel mirino i vertici romani, Bersani e Franceschini su tutti, il Pd Toscano che finisce nell’occhio del ciclone. Per il caso Giani non c’era tempo.

‘Fascicolo’ che tuttavia è stato riaperto a fine buriana: la lettera che infine viene consegnata, i membri della commissione che si dimettono e Giani che impugna il provvedimento di fronte alla commissione nazionale guidata da Luigi Berlinguer. Un ricorso che nei fatti, in attesa di giudizio, ha sospeso gli effetti e le sanzioni prese dagli organi regionali. La tesi difensiva di Giani è semplice e in sostanza si rifà all’ordinamento americano: non si può essere giudicati due volte per lo stesso capo di imputazione. Un concetto che se traslato nelle vicende fiorentine è tradotto così: visto che il doppio incarico era già stato oggetto di ammonizione nel luglio del 2012 senza scaturire sanzioni, il caso, secondo Giani, è chiuso.

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