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Ospedale Meyer, inaugurata la “TeeN Room” in Oncoematologia

L'ospedale fiorentino inaugura il programma adolescenti, che sarà articolato in varie fasi e iniziative, a cominciare dalla nuova stanza dedicata ai ragazzi all'interno del reparto di Oncoematologia Pediatrica

La pediatria sta cambiando per effetto di fenomeni con cui ogni ospedale pediatrico, almeno nel mondo occidentale, deve fare i conti. Il progresso complessivo delle terapie, sia sotto il profilo farmaceutico che tecnologico, ha migliorato la qualità della vita e la sopravvivenza dei pazienti. È cambiata la natura stessa della popolazione pediatrica, mentre la malattia cronica si è fatta più complessa e articolata da gestire, anche sotto il profilo psicologico e sociale.

Si tratta di una sfida da affrontare con tenacia e creatività, perché ci troviamo di fronte a “nuovi pazienti”: bambini che sono cresciuti con la malattia e stanno diventando adolescenti. Ragazzi che nel pieno del loro sviluppo ricevono una diagnosi che rischia di interrompere drasticamente la loro progettualità e che probabilmente dovranno affrontare la sfida di diventare adulti con una patologia.

All’interno di questa complessità, il problema più urgente da affrontare è quello della “transizione”, ovvero l’accompagnamento del ragazzo verso le cure del mondo adulto, evitando quella zona grigia di frammentazione e dispersione della presa in carico del paziente. L’adolescente è protagonista attivo del suo processo di cura. Questo teenager, non più bambino ma non ancora adulto, affronterà la malattia portando il suo mondo in trasformazione, fatto di conflitti, sogni, desideri e paure verso il futuro, un futuro che a causa della malattia rischia di essere molto diverso da come lui lo voleva.

Ecco che gli ospedali pediatrici più avanzati al mondo si stanno rivolgendo ai teenager con programmi specifici di assistenza e di accoglienza. Autorevoli strutture internazionali, come il Great Ormond Street Hospital, o il CHOP di Philadelphia, stanno già lavorando attivamente su questo fronte. Oltre ai percorsi di sostegno psicologico già presenti in ospedale è indispensabile offrire un contesto di esperienze su cui l’adolescente possa investire positivamente, incrementare le conoscenze e competenze, esercitare la sua autonomia, sentirsi attivo e parte di un gruppo, esperienze in grado di alimentare la fiducia e la prospettiva in un futuro positivo e desiderabile.

Anche l'ospedale Meyer ha aperto una riflessione su questi fenomeni proprio per darvi risposta. Da qui è nato il programma adolescenti, sostenuto dalla Fondazione Meyer, che coinvolgerà tutto l’ospedale e sarà articolato in varie fasi e iniziative assistenziali, ludiche e culturali, iniziando con l’Oncoematologia Pediatrica, dove è stata inaugurata la stanza dedicata agli adolescenti, finalazzata ai loro bisogni di incontro, socializzazione, amicizia, attività laboratoristiche ed esperienziali (realizzate anche grazie all’aiuto dell’Associazione Nicco Fans Club).

La “TeeN Room” è stata affrescata con i graffiti del writer Francesco Forconi, meglio conosciuto come Skim. Sempre in Oncoematologia è già stata avviata un’esperienza che si è rivelata importante per i ragazzi ricoverati in reparto o in DH: si tratta del progetto “Doppio sorriso”, un corso di doppiaggio durante la quale i ragazzi hanno prestato la propria voce ai beniamini del piccolo e grande schermo.

A settembre sarà la volta del laboratorio di scrittura autobiografica, uno spazio utile per far emergere l’invisibile, quello che è sempre taciuto, per ripensare e narrare il proprio vissuto in modo diverso e con uno sguardo verso il futuro.

La fondazione propone inoltre la mostra dello scrittore e illustratore inglese Edward Carey, che al Meyer sarà anche ospite. Le sue opere letterarie sono molto amate dai teenager per le sue atmosfere cupe, gli Iremonger e il suo mondo parallelo. Il Centro Studi della Fondazione Meyer, insieme alla Milanesiana, ne ripropongono la rassegna dal 2 al 19 luglio presso Tornabuoni Arte Contemporary Art, via Maggio 58R.

Come spiega Gianpaolo Donzelli, Presidente della Fondazione, c’è un parallelismo fra lo scoprire e sorprendere attraverso l’opera d’arte e l’arte medica. Non è un caso che con questa mostra abbia deciso “di specchiarsi nella realtà del vissuto di malattia del bambino e dell’adolescente, superando quindi la concezione organistica per abbracciare una dimensione olistica, solo modo di comprendere l’intensa esperienza di fragilità psico-emozionale conseguente alla scoperta della malattia e del ricovero in ospedale. Il Centro Studi della Fondazione Meyer è fortemente convinto -conclue- che la contaminazione del pensiero scientifico con quello umanistico e l’integrazione con altri soggetti culturali rappresentino strumenti significativi di lavoro per gli operatori della sanità e del sociale e siano alla base della crescita dell’attività assistenziale e formativa di tutti coloro che operano nel mondo dell’infanzia e dell’adolescenza”.

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