Il lago dei cigni al 26° Florence Dance Festival
Fabrizio Monteverde, fra i più creativi coreografi del panorama italiano, crea per la storica compagnia romana la nuova versione di un classico d'eccezione. Tra le suggestioni di una favola d'amore crudele e i simboli di un'arte che sovrasta la vita, il coreografo reinventa il più famoso dei balletti di repertorio classico su musica di P. I. ?ajkovskij, e all'atto unico di A. ?echov Il Canto del cigno.
DIREZIONE ARTISTICA Roberto Casarotto
COREOGRAFIA E REGIA Fabrizio Monteverde
MUSICHE P.I. Cajkovskij
COSTUMI Santi Rinciari
LIGHT DESIGNER Emanuele De Maria
ALLESTIMENTO SCENICO Fabrizio Monteverde
ASSISTENTE ALLE COREOGRAFIE Sarah Taylor
COSTUMI Realizzati da Opificio della Moda e del Costume
MASCHERE Crea FX Effetti Speciali
VIDEO Matteo Carratoni, Michele Innocente
PERSONAGGI E INTERPRETI
Odette: Roberta De Simone|Claudia Vecchi
Siegfried: Mirko De Campi|Placido Amante
Odile: Anna Manes|Azzurra Schena
Rothbart: Luca Pannacci|Michele Cascarano
LA COMAGNIA Placido Amante, Marcos Becerra, Michele Cascarano, Roberta De Simone, Siro Guglielmi, Monika Lepisto, Anna Manes, Luca Pannacci,Valentina Pierini, Raffaele Scicchitano, Azzurra Schena, Sophie Tonello,
Claudia Vecchi, Stefano Zumpano
Doveva capitare prima o poi che Fabrizio Monteverde arrivasse a confrontarsi con Il Lago dei Cigni. Il Cigno ha in sé la valenza metaforica della condizione del danzatore classico, rappresentazione di un bello ideale, ma anche il significato metateatrale di un'arte che corrode il corpo e impietosamente non fa sconti all'età che avanza. Un tema fondante nella poetica di Monteverde, che da sempre indaga i temi del 'vizio' nella sua accezione più larga. Se poi si pensa alla condizione in cui versano i reduci corpi di ballo delle nostre fondazioni, abbandonati in sala ballo in attesa della pensione sorprende anche meno che l'autore abbia pensato di far danzare questo Lago ad una compagnia di artisti invecchiati e ormai spenti. Perché questo Lago s'ha da fare nonostante tutto: e come l'anziano attore del Canto del Cigno di Cechov che ricorda fasti passati e una vita sfuggita mentre compiva il suo sacerdozio teatrale (da cui il sottotitolo Il Canto) Monteverde fa danzare ballerini canuti, danzatrici rugose in mezzo a un mondo di costumi dentro ai quali, lacerti di vita passata, i vecchi artisti arrancano, si tuffano, si nascondono. Ciaikovsky guida la narrazione tradizionale del Lago da allestire, ma anche i dolori fisici e spirituali di una Odette al tramonto costretta dalla crudele legge del teatro a specchiarsi nella più fresca Odile, spinta dall'orribile Coreografo Rothbart nelle braccia dello stolido primo ballerino rosso crinito Sigfrido, vanesio e vuoto come solo certi divi del balletto sanno essere. Facendo attenzione si scopre che qua e là Monteverde ricama la sua coreografia sulle tessiture di quella di Ivanov : la cita amorevolmente ma la usa anche con una nuova funzione drammatica, come quando l'assolo di Odette del secondo atto passa dalla luminosa purezza della danza elegiaca del primo coreografo ai movimenti rotti, angolari, singhiozzanti immaginati dall'autore di oggi per raccontarci il disperato anelito all'assoluto irraggiungibile della sua ballerina ormai anziana. Ma più spesso la dinamica energica e vorticosa, fatta di cadute, scuotimenti, corse, duetti come lotte -tipica di Monteverde- diventa il leit motive linguistico di una vicenda intimista, dai tratti quasi psicanalitici, che -come sempre avviene con il bravo autore romano- alla fine riserva un inatteso quanto pertinente coup de theatre. Creato per il Balletto di Roma, con il quale Monteverde ha da tempo stretto un fecondo sodalizio artistico, questo Lago dei Cigni fin dalle sue prime repliche ha confermato la qualità della compagnia e l'intelligenza di un autore di danza che sa sentire ( e far sentire) i tormenti ma anche le inesauribili passioni di chi questo mestiere lo vive inesorabilmente sulla sua pelle fino all'ultimo respiro.