Gli appuntamenti di febbraio al museo del Novecento
Tutti gli eventi del mese di febbraio al museo del Novecento.
Gli incontri alla scopeta degli artisti italiani del Novecento
BLACK HISTORY MONTH
Mercoledì 8 febbraio ore 17.30
Infinite Receptors
L’artista Enrico Riley in dialogo con Justin Randolph Thompson. In lingua inglese. In collaborazione con Syracuse University Florence. Nell'ambito della seconda edizione del Black History Month Florence, l'Accademia Americana di Roma in collaborazione con il Museo Novecento presenta una conferenza dell’artista Enrico Riley moderata da Justin Randolph Thompson, curatore del progetto.
Enrico Riley è in residenza a Roma come membro del Rome Prize in arti visive
dell'American Academy. La sua ricerca attualmente si concentra su aspetti della storia
giudaico-cristiana che coinvolgono individui perseguitati, in cui si possono rintracciare
forti correlazioni con le esperienze vissute oggi dagli afro-discendenti. Riley lavora con la
pittura e il disegno, ed è particolarmente interessato ai maestri del medioevo e del
Rinascimento italiano, poiché nelle loro opere sono sedimentati dettagli che lasciano
ampio spazio alla reinterpretazione.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti. L’ingresso non prevede l’accesso al percorso museale.
Sempre dedicato alla celebrazione del Balck History Month è l'evento del 22 febbraio alle ore 17.30.
Italian Oresteia
Talk di Simone Frangi. In lingua inglese.
In collaborazione con Syracuse University Florence
Il talk intende ricostruire la genealogia e i fondamenti teorici del progetto Orestiade italiana, curato da Simone Frangi in occasione della XVI Quadriennale di Roma, che include i contributi di 22 artisti e ricercatori italiani. Strutturata attraverso l’esposizione di installazioni e oggetti editoriali e un palinsesto di proiezioni, performance e un programma radio, Orestiade italiana si avventura in un progetto di "riscrittura" analoga e corale dei principali nuclei degli Appunti per un'Orestiade africana di Pier Paolo Pasolini (1970), di cui riprende la forma abbozzata, i collegamenti teorici e l'ambiguità del punto di vista. Il progetto, che raccoglie posizioni e ricerche intorno a questo fondamentale lavoro, intende rendere feconde quelle forme ambivalenti di "orientalismo eretico" che Pasolini aveva proposto in modo esasperato nella sua ricerca in Africa, al fine di analizzare alcuni fattori emergenti ancora controversi del presente in Italia e in Europa. Con la ferma determinazione di promuovere una reciproca alterazione dell’ “Athena Bianca" e dell’ "Africa Nera" e di creare uno spazio contaminato, Pasolini propone pericolosamente l'ipotesi che l'Africa, diversamente dall'Europa, abbia avuto accesso a una modernità “ibrida” e “alternativa”, una discussa invenzione d'esoticità che si può far risalire ad una minore, particolare e derivata versione del moderno modello europeo avviata nel Terzo Mondo. Non a caso, il progetto dell’Orestiade Africana è sostenuto da un'interpretazione mordace delle manipolazioni borghesi del mito imperialista del "nobile selvaggio", reso ancora più complesso da un'interpretazione che lo associa alla tendenza a una "mascolinità dannosa" intrinseca nella cultura europea patriarcale. Insinuandosi nelle pieghe delle diverse relazioni tra pratica artistica e ricerca culturale nella scena dell'arte in Italia, Orestiade italiana si concentra su contributi che indagano ancor più a fondo nell'eterogeneo catalogo di premesse dell'intero progetto: lo studio di conflitti latenti e la stasi europea; i micro-fascismi e le normalizzazioni sociali; i legami ambivalenti tra l'approccio documentario e l'orientalismo culturale e multiculturale nelle pratiche antropologiche ed etnologiche; l'esigenza di collocare il punto di vista postcoloniale in uno specifico "luogo d'appartenenza"; le questioni coloniali italiane con un focus sull'impatto della decolonizzazione e l’inizio del postoloconiale sull'immaginario gender e razziale in Italia.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti. L’ingresso non prevede l’accesso al percorso museale
CULTURA RESILIENTE. PROTAGONISTI DEL ‘900
Mercoledì 15 febbraio ore 17.30
L’arte che ho incontrato nella mia vita
Gillo Dorfles in conversazione con Aldo Colonetti e Luigi Sansone. In collaborazione con IED.
Il titolo dell’incontro prende spunto da uno degli ultimi libri di Gillo Dorfles, "Gli artisti che ho incontrato", dove un testimone eccezionale racconta, attraverso l’attività di critico militante, quasi giorno dopo giorno, le “oscillazioni del gusto”, per usare ancora il titolo di un famoso, sempre attuale, suo scritto. Come ad affermare che arte vita scorrono insieme, e non è possibile separare gli artisti dall’ arte, perché la relazione con il proprio tempo e la propria esistenza è la condizione fondamentale per dare un significato al “fare arte” e alla dimensione estetica.
Essere aperti sul mondo, utilizzare al meglio una delle qualità fondamentali di Dorfles, l’essere ecclettici, ovvero avere lo sguardo rivolto dovunque, soprattutto là dove forse è impensabile, a una lettura superficiale, un’esperienza estetica e, soprattutto, cogliere anche negli indizi marginali dei linguaggi artistici, la sperimentazione e l’autenticità. Dalla fine degli anni ’20 del secolo scorso ad oggi, Gillo Dorfles rappresenta un riferimento insostituibile, per orientare i nostri giudizi e soprattutto per farci “da guida” in una contemporaneità sempre più difficile da comprendere e interpretare. L’arte che ho incontrato nella mia vita è anche un diario di viaggio, all’interno delle esperienze e dei linguaggi delle arti, che non dimentica mai la persona. Gillo Dorfles, personalità tra le più poliedriche del panorama culturale contemporaneo, dopo una fertile fase di sperimentazione in campo artistico si è dedicato agli studi di estetica e alla critica d'arte, interessandosi all'avanguardia, al rapporto fra arte e industria e al fenomeno del gusto nella civiltà contemporanea. Tra i fondatori del Movimento per l'Arte Concreta (1948), alla fine degli anni Cinquanta si dedica agli studi di estetica(insegnando presso le università di Trieste, Milano e Cagliari) e all'esercizio della critica d'arte. La sua produzione artistica, oltre che nelle mostre collettive del MAC, è stata esposta in varie personali. Tra le sue opere principali si ricordano L'architettura moderna (1954), Simbolo comunicazione consumo (1962), Nuovi riti, nuovi miti (1965), Artificio e natura (1968), Il Kitsch (1968), Le oscillazioni del gusto (1970), Mode & Modi (1979), Il feticcio quotidiano (1988); Horror pleni. La (in)civiltà del rumore (2008), 99+1 risposte (2010), Irritazioni (2010), Gli artisti che ho incontrato (2015).
Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
L’ingresso non prevede l’accesso al percorso museale.
È consigliata la prenotazione:
segreteria.museonovecento@muse.comune.fi.it