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Publiacqua risponde alle accuse lanciate da Beppe Grillo

Publiacqua risponde alle accuse: "Caro Grillo, vieni a Firenze così capirai perché non siamo venditori d'acqua, cosa è accaduto nel 2005 e perché in bolletta si pagano tubi e impianti ma non l'acqua"

”Beppe Grillo ha tutta la nostra stima e riconoscenza per le sue meritorie battaglie a difesa dei consumatori, ma non può farci passare da benzinai, con tutto il rispetto per la categoria. Non siamo venditori di acqua come vuol far credere, non facciamo business e figuriamoci poi sul risparmio dell’acqua. Visto che ignora, come tanti, una materia molto complessa, e noi siamo un’azienda del servizio pubblico che fa i più alti investimenti in Italia, lo invitiamo a passare da noi così, tra un bicchiere d’acqua pubblica anche frizzante e l’altro, gli racconteremo qualche verità scomoda e soprattutto perché, grazie al meccanismo del ricavo garantito previsto dal metodo tariffario firmato da Di Pietro, ministro del governo Prodi, nel 1996, nel nostro paese l’acqua è gratis. Quanto ha affermato ad Anno Zero, è la dimostrazione che l'acqua in Italia non è una merce”.

Così il presidente di Publiacqua, Erasmo D’Angelis, replica a Beppe Grillo che all’ultima puntata di Anno Zero ha accusato i 49 sindaci dell’Ato 3 Medio Valdarno di aver concesso nel 2005 a Publiacqua il pagamento in tariffa di un consumo programmato di 92 milioni di metri cubi d’acqua nonostante un consumo reale di 84 milioni.
“Nel 2005 – spiega D’Angelis – è successo che la stima dei metri cubi fatturati si è rilevata superiore a quella effettiva. In questo caso, come accade per legge in tutta Italia, il gestore ha diritto ad un conguaglio. Se l’errore fosse stato in difetto, il gestore avrebbe dovuto invece restituire il ricavo eccedente. Per l’acqua viene garantita la stessa cifra di ricavo al di là dei consumi proprio perché l’acqua non si paga ma si pagano gli investimenti per prelevarla,  potabilizzarla, trasportarla ai rubinetti e depurarla. Si può essere d’accordo o meno, ma il conguaglio sancisce un concetto rivoluzionario che dovrebbe fare la felicità dei referendari: la legge Galli non tratta l’acqua come una merce ma come un bene comune non vendibile. Incredibile ma vero: a differenza delle bollette del gas e dell’elettricità dove paghiamo anche la materia prima consumata, per l’acqua i sindaci stabiliscono una tariffa che deve coprire solo i costi di manutenzione di tubi e impianti, di opere, energetici, di gestione, e la contestata remunerazione del capitale del 7% grazie alla quale però paghiamo soprattutto gli interessi sui mutui bancari accesi e le tasse; solo quello che avanza forma gli utili. Se la bolletta viene calcolata dividendo la somma complessiva dei costi per i metri cubi di acqua, è anche per un effetto anti-spreco ed ecologico: far risparmiare risorsa. Un concetto straordinario purtroppo patrimonio di un ristretto gruppo di supertecnici della bolletta, che andrebbe insegnato dalle elementari. E’ l’opposto delle leggende metropolitane alimentate in questi anni e purtroppo fonte di tanti equivoci”.

 
 

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