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Economia

Day after referendum: Publiacqua teme di rimanere a "secco" d'investimenti

La vittoria del "Si" sul secondo quesito blocca i finanziamenti da parte delle banche: a rischio 740 milioni di investimenti per acquedotti e fognature. Per il Presidente: "è indispensabile una legislazione chiara"

I risultati referendari preoccupano Publiacqua. La vittoria del “Si” apre una fase di problematica incertezza per il gestore che eroga il servizio idrico a più di milione di cittadini delle provincie di Firenze, Prato e Pistoia. A destare preoccupazione è l’abrogazione del secondo quesito referendario che garantisce al gestore la remunerazione del capitale investito. L’abolizione della norma, non assicurando più la soglia minima del 7% di remunerazione, rischia di provocare il blocco da parte delle banche. “Sarà molto più difficile, senza la soglia del 7%, accendere mutui con le banche per portare avanti gli investimenti previsti” spiegano da Publiacqua. Per i prossimi dieci anni sono in programma investimenti di 740 milioni di euro che i comuni hanno affidato al gestore per interventi su acquedotti, fognature e soprattutto depurazione che il Presidente di Publiacqua, Erasmo D’Angelis, considera “la vera emergenza sulla quale pendono sanzioni europee se non si raggiungessero gli obiettivi entro il 2015”.

Il riferimento è al collettore di depurazione dell’emissario sinistro dell’Arno da ultimare perentoriamente entro il 2014 per evitare le pesanti multe dell’Unione Europea che si abbatteranno a partire dal 2015 sui comuni che non si saranno adeguati alla direttiva comunitaria. Ma per ora, fanno sapere da Publiacqua, i lavori di costruzione del collettore non sembrano a rischio. Il risultato referendario è per il Presidente D’Angelis “un bel paradosso per le
nostre aziende pubbliche” che “dopo appena dieci anni di vita e nonostante i grandi investimenti alle spalle, sono generalmente percepite come privati che lucrano sull’acqua”. Publiacqua si ritiene responsabile della scarsa attività comunicativa rivolta ai cittadini che ha provocato letture distorte, ultima fra tutte quella sui quesiti referendari. “I cittadini non sanno – fanno sapere da Publiacqua – che solo il 40% dell’azienda appartiene ai privati e fra questi c’è anche l’Acea che è una partecipata del Comune di Roma. Quindi anche fra i nostri “privati” c’è il pubblico, praticamente siamo più pubblici che privati”.
Oltre che per gli investimenti, il risultato referendario preoccupa su altri fronti Publiacqua. “Si rimettono nelle mani del pubblico una serie di problemi
che questo non è in grado di risolvere e si riduce l’efficienza del servizio”
.

Un’efficienza che, invece, sembra essere garantita dal privato, attento a soppesare costi e benefici di ogni intervento. Con il punto interrogativo su molti cantieri e investimenti futuri, Publiacqua chiede che “la politica si faccia carico della volontà che i cittadini hanno chiaramente manifestato e produca legislazione adeguata”. Si cercano risposte e certezze perché, come afferma il Presidente D’Angelis “l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è rischiare una lunga fase di incertezza normativa”.

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