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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca Campi Bisenzio

Traffico illecito di scarti tessili: "cenci" fino in Sud Africa

Sei arresti nell'operazione della Dda 

Hanno raccolto decine di tonnellate di scarti tessili prodotti dai pronto moda cinesi di Prato e Pistoia e li hanno spediti in Sud Africa, oppure stoccati in depositi in disuso nel nord Italia. Senza autorizzazione e senza 'ripulire' in alcun modo i rifiuti. Ma facendone comunque pagare i costi di smaltimento ai titolari delle aziende, come se lo avessero effettuato regolarmente. Un traffico illecito di rifiuti assai remunerativo, partito un anno fa e stroncato stamani dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze che ha chiesto e ottenuto dal gip del tribunale fiorentino Federico Zampaoli gli arresti per 6 persone, quattro italiani e due cinesi, considerate al vertice del gruppo che avrebbe organizzato e gestito il “flusso dei cenci”.

Altre 10 persone – sette italiani e tre cinesi residenti a Prato, titolari di ditte individuali, alcune delle quali fittizie - sono state iscritte nel registro degli indagati nel corso delle indagini svolte dalla polizia municipale di Prato e dalla sezione giudiziaria della polizia provinciale fiorentina. Perquisizioni e sequestri sono state effettuate nelle province di Prato, Pistoia, Bologna, Rovigo, Mantova e Reggio Emilia. 

In carcere, a Bologna, è finito Gianluca Vendrasco, un imprenditore trevigiano. Arresti domiciliari per gli imprenditori pratesi della “Tessil Giglio” Graziano e Marco Giunchi, per l'imprenditore pistoiese Luigi Saccone e per i sino-pratesi Chen Xiapeng e Zhou Libing, soci della “Riciclo Pulito srl”.

Sarebbero loro, secondo le accuse del procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo e del sostituto procuratore della Dda fiorentina Leopoldo De Gregorio, i gestori del “traffico dei cenci” portato alla luce dall'inchiesta “Prato Waste”. Il gruppo, secondo gli investigatori, avrebbe anche fatto uso di provvedimenti emessi dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali e di autorizzazioni di impianti di destinazione alterati ad hoc a seconda delle esigenze. Sempre secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, infatti, i trasporti illeciti venivano spesso effettuati da soggetti totalmente non abilitati al trasporto di quei rifiuti, che si avvalevano di false iscrizioni all’Albo per eludere i controlli su strada della polizia.

Il successivo conferimento intermedio dei rifiuti (i cosiddetti “sacchi neri”) avveniva presso impianti di recupero fittizi dove gli scarti, invece di essere sottoposti a cernita, selezione e igienizzazione, venivano semplicemente privati del sacco nero o pressati per ottimizzare la successiva fase di trasporto. Ma senza alcun trattamento. A quel punto i rifiuti prendevano la via del mare (Livorno e Cagliari) destinazione Johannesburg, o venivano spediti nel nord Italia e stoccati all’interno di capannoni fatiscenti e in disuso, saturandoli e abbandonandoli. I proprietari dei capannoni, molte volte inconsapevoli, si vedevano pagata la sola prima rata del contratto di locazione per poi trovarsi alle prese con soggetti “fantasma” e immobili stracolmi di rifiuti.
 

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